
Loro sbarcano a Ventotene e lui si fa vedere davanti ai cancelli di Mirafiori. Alla variegata piazza per l'Europa contrappone un corteo solitario «contro le armi». La polarizzazione sul riarmo e il dibattito sull'Europa, con tanto di Pd spaccato, sono l'occasione per rivitalizzare il M5s di Giuseppe Conte. O, almeno, questo è il ragionamento che prende piede ai piani alti del corpaccione post-grillino, ora diventato contiano tout court. E basta mettere in fila i fatti per certificare l'allontanamento dell'ex premier dal campo largo e dalle sue oscure geometrie. Una distanza di contenuti, ma anche fisica. Se Elly Schlein venerdì si fa vedere a Trapani alla manifestazione di Libera, Conte sale a Mirafiori e protesta con operai e sindacalisti davanti al cancello 2 della storica fabbrica di Torino. Con l'ex premier due esponenti della sinistra radicale. Uno italiano, Nicola Fratoianni. L'altra spagnola, la ministra del lavoro del governo Sanchez Yolanda Diaz, leader di Sumar, contenitore movimentista a sinistra dei socialisti del Psoe. Ieri, di nuovo, Conte sfugge all'agenda dei dem. La delegazione del Pd sbarca a Ventotene per fare il controcanto a Giorgia Meloni, l'avvocato del popolo plana a Sud, in Campania, per dire che «non basta appellarsi a Ventotene, bisogna combattere sul terreno, concretamente per la difesa di una democrazia non solo formale ma sostanziale». I suoi fanno da grancassa. Seguono Schlein nella polemica sul Manifesto di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli per non più di una giornata. Poi partono con i distinguo. «Giusto rispondere a Meloni, ma ora parliamo armi e sanità», è il refrain. Ad esempio, Vittoria Baldino, vicecapogruppo del M5s alla Camera, chiarisce: «L'indignazione per le parole di Giorgia Meloni su Ventotene è stata giusta e necessaria, ma davvero possiamo restare incastrati in questa polemica per giorni e giorni, mentre il Paese affonda?». E, così, mentre il Pd si arrovella sulla posizione da tenere sulla difesa europea, Conte infila ancora il dito nella piaga: «Il Movimento 5 Stelle dice no a questo piano folle di riarmo da 800 miliardi. Vogliamo invece investimenti nella sanità, per l'istruzione, per la nostra industria e la manifattura, per i piccoli e medi imprenditori e gli artigiani che stanno chiudendo».
Una distanza siderale tra Schlein e Conte, fatta di agende che non si incastrano mai, sostanziata in due piazze concorrenti. Il leader del M5s, così come ieri a Ventotene, si è posto fuori dal centrosinistra anche sabato 15 marzo, alla manifestazione per l'Europa lanciata da Michele Serra. Tutti presenti con slogan diversi, tranne lui. Che invece sceglie di puntare sulla piazza del 5 aprile, convocata dal M5s a Roma «contro il riarmo». «Speriamo non venga nessuno del Pd, nemmeno per un saluto», è la speranza recondita dei parlamentari stellati.
«Magari saremo di meno ma almeno sulla guerra abbiamo una linea chiara», insiste un eletto vicino a Conte. «Il 5 aprile sia una svolta per le forze progressiste», auspica la vicecapogruppo al Senato Alessandra Maiorino. Da Ventotene a Mirafiori, Conte è sempre più lontano dal campo largo.
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