Conte in testa coda, atlantista solo a parole

Il leader dice sì alle sanzioni, ma difende Putin: "Anche lui vuole la pace"

Conte in testa coda, atlantista solo a parole

C'è Tik Tok e ci sono i meme. La pancetta e il guanciale, il rosso e il nero di Enrico Letta per gridare al presunto «allarme fascismo» incarnato da Giorgia Meloni. E poi ci sono le grandi questioni geopolitiche, che mai come questa volta si intrecciano con una campagna elettorale che oscilla tra la farsa e la possibile tragedia di un inverno di austerity e razionamenti energetici. Ciò che accade sui campi di battaglia in Ucraina sembra scomparso dalle prime pagine, eppure influenzerà il voto degli italiani.

E infatti entra a gamba tesa, ancora una volta, Maria Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri della Russia. Punta direttamente all'Italia, Zacharova. Che dice che il piano di Roberto Cingolani per ridurre la dipendenza energetica da Mosca «è imposto a Roma da Bruxelles, che a sua volta agisce su ordini di Washington, ma alla fine saranno gli italiani che dovranno soffrire». Minacce, avvertimenti. Parole che inevitabilmente condizioneranno la scelta degli italiani nel segreto dell'urna. Da Mosca a Washington, c'è un altro peso massimo che con il suo commento sulla sfida di casa nostra ha innescato una polemica su Giuseppe Conte, già accusato di filo-putinismo per il suo approccio morbido sul conflitto russo-ucraino e sull'invio di armi a Kiev. «Come sta andando il mio uomo, Giuseppe?», ha detto l'ex presidente degli Usa Donald Trump. Il tycoon ha aggiunto: «Con lui ho lavorato bene, è una brava persona». Una buccia di banana per Conte, che si affanna a imporsi come il più progressista tra i progressisti, in un duello con il Pd di Letta per fare breccia tra gli elettori di sinistra. E la corsa dell'avvocato sembrava funzionare, almeno prima dell'involontario sgambetto di Trump. Nel M5s, al solito, non manca chi sospetta di complotti internazionali per fermare la rimonta grillina. Conte corre ai ripari: «Qui c'è da mettersi d'accordo, o sono filo putiniano o sono filo statunitense».

Ma la faccenda è più complessa, dato che sullo stesso Trump pende da anni l'accusa di flirt con il Cremlino. L'ex premier, ora a capo dei Cinque Stelle, si ritrova così al centro di un triangolo sghembo che lo vuole a complottare contro l'Occidente insieme a Putin e all'ex inquilino della Casa Bianca. «Ho lavorato con Trump, abbiamo lavorato anche con Putin, ma sempre tutelando l'interesse nazionale», prova a schermarsi Conte. Parla di «goffi tentativi di schizzare fango su di me». «Il 25 settembre si avvicina, il M5S spaventa e si gioca sporco», sottolinea il leader stellato, agitando macchinazioni ignote e occulte. In serata, a DiMartedì su Rai3, l'ex premier escogita l'ennesimo travestimento e si finge pro-Nato per evitare di essere additato come la quinta colonna di Putin. Pressato dai sospetti, si definisce «atlantista» e rivendica le sanzioni alla Russia. E però è un fatto che la crisi del governo Draghi è stata propiziata dal lavoro ai fianchi di Conte su spese militari e spedizioni di armamenti all'Ucraina. «Nessuno dica che Putin non vuole la pace», ha insistito il capo del M5s qualche ora prima di professare il suo atlantismo.

E se i Cinque Stelle, prima della sbornia progressista contiana, si definivano «né di destra e né di sinistra», allora non è casuale la saldatura tra gli opposti estremismi sul no alle sanzioni a Mosca e sul no alle armi a Kiev. Il sovranista Gianluigi Paragone, con la sua Italexit zeppa di candidati provenienti da Forza Nuova e Casapound, è apertamente contro le ritorsioni economiche occidentali ai danni del Cremlino e decisamente contro ogni tipo di aiuto militare agli ucraini.

Stesse posizioni della lista Italia Sovrana e Popolare, guidata dal comunista Marco Rizzo e dall'ex pm Antonio Ingroia. Rossi e neri, insieme. Come è accaduto domenica a Praga durante la manifestazione anti-Nato con 70mila persone. Dai battibecchi da campagna elettorale all'autunno caldo delle piazze il passo può essere breve.

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