San Paolo. È sempre più in difficoltà il presidente del Brasile Jair Bolsonaro da quando, negli ultimi giorni, due maxi accuse di corruzione nell'acquisto dei vaccini ne hanno eroso la già scarsa popolarità. In base agli ultimi sondaggi l'ex presidente Lula, le cui condanne per corruzione sono state cancellate dalla Corte Suprema, lo sconfiggerebbe già al primo turno. Per cercare di uscire dall'impasse, l'altroieri Bolsonaro ha licenziato il capo del dipartimento logistica del ministero della Salute, Roberto Dias, che secondo il quotidiano Folha de Sao Paulo aveva chiesto a un fornitore di vaccini, la Davati Medical Supply, di gonfiare il prezzo di 400 milioni di dosi di AstraZeneca di un dollaro l'una, per intascare il sovrapprezzo. Il fornitore ha raccontato di essersi rifiutato. Questo il primo scandalo, ma ce n'è un secondo legato all'acquisto del vaccino indiano Covaxin, il cui prezzo sarebbe stato aumentato del 1.000% e che ha costretto il Brasile a interrompere l'importazione di 20 milioni di dosi, una torta da 50 milioni di euro.
A tutto ciò si è aggiunta la Commissione parlamentare di inchiesta (Cpi) del Senato che, da un paio di mesi, vede sul banco degli imputati la gestione della pandemia (522mila i morti) dello stesso governo Bolsonaro e di politici a lui collegati, compreso l'ex ministro della Salute, il generale Eduardo Pazuello e Ricardo Barros, capogruppo della maggioranza alla Camera. Di sicuro mai da quando è entrato in carica, il 1° gennaio 2019, il Mito, come lo chiamano i suoi supporter, aveva dovuto affrontare un periodo tanto difficile. Anche perché proprio ieri, la Procura ha chiesto l'apertura di un'inchiesta dopo la denuncia di tre senatori contro il presidente per la corruzione legata ai vaccini. Un duro colpo, così come la decisione dell'opposizione di riunire 120 delle 121 richieste di impeachment in un'unica mega richiesta con l'obiettivo di cassare Bolsonaro prima della scadenza del suo mandato, a fine 2022. Anche se il presidente della Camera, Arthur Lira ha detto che per il momento non darà seguito al tentativo di far fare a Bolsonaro la stessa fine di Dilma Rousseff e anche se sono necessari perché l'impeachment possa andare a buon fine 2/3 dei voti del Parlamento, mai come oggi la tensione è stata così alta a Brasilia negli ambienti vicini al presidente.
Non bastasse poi c'è la questione dell'Amazzonia. Il polmone verde del mondo ha sofferto a giugno il maggior numero di incendi da 14 anni, secondo i dati dell'Istituto brasiliano per la ricerca spaziale. Per contenere il disastro ambientale, Bolsonaro ha emanato un decreto che sospende la possibilità di accendere fuochi per 120 giorni e ha mandato l'esercito per combattere deforestazione e incendi. È la terza volta negli ultimi due anni che lo fa ma le Ong ambientaliste lo hanno criticato duramente perché, a loro dire, non serve a nulla.
Da un mese, inoltre, il Brasile sta affrontando la peggiore siccità degli ultimi 91 anni, una siccità che ha colpito l'approvvigionamento delle principali centrali idroelettriche: il timore è che si arrivi a un possibile razionamento dell'energia come quello, durissimo, che del 2001. Le due cose, disboscamento/incendi da un lato e siccità dall'altra sono collegate a detta degli esperti di clima, un'ulteriore preoccupazione per Bolsonaro.
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