Corte dei conti e Mattarella bocciano il sussidio grillino

Piovono critiche sulla misura-simbolo del Reddito di cittadinanza: "Non basta e scoraggia il lavoro legale"

Corte dei conti e Mattarella bocciano il sussidio grillino

Gli dei accecano chi vuol perdersi. Altrimenti l'autocritica grillina non si focalizzerebbe su un superficiale giudizio sulla persona - il Di Maio già mezzo salvato da Grillo e presto assolto anche dagli influencer della Casaleggio Associati - o sulle altre mille questioncelle e recriminazioni di queste ore convulse. La crisi del Movimento è grave non perché investa comunicazione o altro, ma in quanto simbolico ed esiziale è stato il terreno della sconfitta, quello economico. E perché sbagliato è stato il cavallo di battaglia sul quale i grillini pensavano di lanciare la propria corsa, tramutando la palta in oro. La «genialata» delle Politiche 2018 si chiamava come il tonfo delle Europee 2019: «Reddito di cittadinanza». Eppure non la vedranno, la madre di tutte le cause della sconfitta, perché metterebbe in discussione equilibri troppo radicati e livelli decisionali troppo alti.

La bocciatura della misura-cardine del governo a guida grillina è ormai generalizzata: dopo gli esperti e le cassandre, è venuto il momento degli elettori e ieri il destro-sinistro costituito dalla lettera della Ue nonché dal «rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica» presentato dalla Corte dei conti. Dati e considerazioni che suonano durissime, per il governo Conte. Proprio mentre il presidente della Repubblica, in un messaggio di accompagnamento al «Rapporto sullo stato sociale 2019» realizzato dai dipartimenti economici della Sapienza, rilevava che «gli interventi assistenziali non possono limitarsi a mere irrogazione di sussidi, ma devono tendere all'obiettivo di arginare l'emarginazione sociale». Una maniera elegantemente istituzionale per smontare uno dei principali presupposti teorici del provvedimento di cui ancora menano vanto Di Maio e compagni, dichiarando di «aver restituito la dignità a migliaia e migliaia di famiglie italiane». Non è con un mero sussidio che la dignità può essere ritrovata, sottolinea invece il Capo dello Stato.

Rilevando il clima di incertezza sulla riduzione dell'enorme debito pubblico che pesa sulla crescita, la Corte dei conti intanto non manca di osservare come il Reddito di cittadinanza rischi di «scoraggiare e spiazzare l'offerta di lavoro legale». E questo «nonostante l'attenzione posta nel disegnarne l'impianto e la previsione di un sistema di vincoli e sanzioni potenzialmente efficace nel contrastare gli abusi». E se dunque resta massima la preoccupazione su quel versante, non va neppure tralasciato il costo del provvedimento: «Il finanziamento in deficit di tale misura è motivo di preoccupazione per gli equilibri di bilancio di medio termine, date le condizioni di elevato debito pubblico. La previsione di un meccanismo di salvaguardia, il blocco delle domande e la rimodulazione dell'ammontare del beneficio in caso di esaurimento delle risorse disponibili per l'esercizio, è quindi importante per il controllo dei saldi», scrive la Corte, auspicando che un eventuale minor esborso rispetto alle stime originarie andrebbe utilizzato, almeno sotto lo stretto profilo della sostenibilità dei conti pubblici, per ridurre il disavanzo e rientrare dal debito.

Sbagliato in teoria, costoso nella pratica, persino dannoso per far giungere al «povero diavolo» un segnale di riscatto capace di risollevarlo sul serio. E invece i grillini pensavano di trovare una facile «bandiera» e l'eterna gratitudine di un popolo strappato all'indigenza (salvo poi dover provvedere a una serie di misure talmente restrittive da aver distolto molti persino a chiederlo).

Insomma, il RdC è stato il «cavallo di Troia» che s'è inceppato, per i grillini. Cui sarebbe bastato ragionare su qualche concetto di base. E magari aver letto quella vecchia massima attribuita a Mao: «Se vedi un morto di fame, non regalargli un pesce, ma insegnagli a usare la canna da pesca...».

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