Così la 3 giorni della Leopolda diventa un processo a Pd e 5s

I dem sono il bersaglio principale dei renziani. "La Ditta ha affondato un partito al 40%. Ora rompa coi grillini"

Così la 3 giorni della Leopolda diventa un processo a Pd e 5s

Ce n'è per tutti. Ma soprattutto per i 5 Stelle e per il Pd che si è accodato alle truppe giustizialiste guidate da Conte. Nell'ultima giornata della Leopolda, Renzi e gli altri big di Iv processano l'armata giallorossa. L'ex premier è implacabile e netto: «Se il Pd sceglie di fare la sfida contro la destra nel campo del riformismo europeo deve tagliare i ponti con chi è così populista da non avere neanche un'idea, così populista da prenderla in prestito da altri, come fa Conte». Il trasformista.

Contro Conte e Di Maio è quasi un tiro al bersaglio. «Sono fiero - prosegue l'ex capo del governo - di aver concorso all'elezione di un galantuomo come Mattarella. Voglio che gli arrivi il nostro grazie per aver guidato il Paese in un momento in cui qualcuno lo voleva processare per alto tradimento».

E ancora, sempre infierendo sul ministro degli Esteri: «Se gli amici 5 Stelle o degli altri partiti vogliono fare un confronto televisivo sono disponibile anche in inglese. O rinnovo l'invito in italiano dando loro tre congiuntivi di vantaggio».

Insomma, alla Leopolda non ne vogliono sapere e si collocano altrove. I generali e i colonnelli che si alternano sul palco si sentono come pionieri. Sanno quello che lasciano, forse non hanno così chiaro chi saranno, se ci saranno, i nuovi compagni di viaggio. Il ministro della famiglia Elena Bonetti non fa giri di parole: «Abbiamo il compito di aprire una strada nuova nella politica del nostro Paese, un compito al quale non ci sottrarremo e con buona pace di chi, per convenienza elettorale, sta prospettando scenari di alleanza con il Movimento 5 Stelle fino a Italia viva e al centro, dico che non firmerò mai una candidatura con Giuseppe Conte e con il populismo che rappresenta. C'è bisogno di una politica di centro perché c'è bisogno di rimettere la politica al centro del Paese».

Altro che campo largo e nuovo Ulivo che si spinga fino a Conte e Di Maio.

La mossa di Letta, vista dal capannone della vecchia stazione ferroviaria, è un passo indietro. Rovinoso.

Ancora Renzi, sferzante: «A quelli del Pd che ci dicono che siamo in contraddizione con noi stessi, vi ricordo che 10 mesi fa eravate quelli o Conte o morte. Noi non abbiamo cambiato posizione. Qualcuno deve spiegare perché ha abbandonato gli ideali da cui eravamo partiti. Noi non abbiamo firmato i decreti Salvini, non siamo andati con chi andava a braccetto con i gilet gialli».

Il Pd di Letta (nel tondo) ha messo la freccia a sinistra e ha cambiato corsia. È il Pd - conclude Renzi quasi rabbioso - che ha abbandonato la casa riformista da cui era partito.

C'era un periodo in cui il Pd aveva il 40%, non nei sondaggi, e l'ha affondato la Ditta».

Certo, Iv è al lumicino, ma Renzi, almeno quello elettrico della Leopolda, non si abbatte: «Siamo caduti, ma solo chi striscia non cade».

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