Il governo sa che il costo del lavoro è troppo alto ed è già intervenuto in materia. Ma non basta. Più che istituire il salario minimo, la maggioranza è pronta a un disegno su trattenute e tassazione, magari tagliando ancora il cuneo fiscale ed estendendo la contrattazione collettiva. Anche perché, come spiegato dal presidente della commissione Lavoro Walter Rizzetto, il rischio della proposta della minoranza è che «qualcuno potrebbe andare ad applicare la legge e pagare di meno i lavoratori, trincerandosi dietro il fatto che c'è un salario minimo a determinare la retribuzione». Tra i contrari al provvedimento che vorrebbero Giuseppe Conte, Elly Schlein, Angelo Bonelli, Simone Fratoianni e compagni (che nel frattempo continuano a insistere, senza dialogare), è spuntato anche Massimo Corsaro, ex parlamentare di Fdi e oggi commercialista e revisore. Corsaro su Twitter ha dipinto un quadro capace di alimentare il dibattito politico: «Ho dato una gratifica di 1.000 netti ad un collaboratore; costo dell'operazione 2.326,79. Erario e INPS rubano più del guadagno del lavoratore. É lo stato che va affamato, tranciata la spesa, falcidiato l'impiego pubblico, privatizzata la previdenza. Altro che salario minimo». Non è una storiella ma una radiografia al sistema-Paese.
Dario Damiani, senatore di Forza Italia, commenta assicurando che Forza Italia «lavora da sempre alla riduzione del costo del lavoro, e oggi più che mai in sintonia con il governo di centrodestra». Dunque la maggioranza intende intervenire «rendendo strutturale l'intervento sul cuneo fiscale». Basterebbe ad abbassare il costo del lavoro? «Certo», risponde Federico Iadicicco, presidente Anpit. «Basta fare ora la riforma fiscale e poi quella previdenziale». Un vero e proprio «crono-programma», quello che propone Anpit, con il rinvio della discussione del salario minimo al 2030, dopo la messa a terra degli effetti di entrambe le riforme. Poi c'è un pezzo di opposizione che, nonostante le critiche mosse al governo, in fin dei conti concorda con l'importanza di un ulteriore tasso al costo del lavoro. «Questa è la vera questione per accrescere i salari del lavoratore», premette la senatrice d'Italia viva Raffaella Paita. E ancora: «Il punto è che la Meloni ha tagliato poco il cuneo fiscale e non ha i soldi per confermare il taglio. Il solo governo che aveva davvero diminuito le tasse nel Paese è stato quello di Renzi».
E mentre l Pd esulta perché avrebbe «ribaltato» l'agenda del governo Meloni,, rendendo il salario minimo l'argomento prioritario, nel centrodestra sorge più d qualche dubbio pure sull'equiparazione dei salari al contratto collettivo nazionale del settore di riferimento. Perché - ci spiega una fonte - «un intervento così regalerebbe la rappresentanza alla Cgil». Probabil dunque altre tipologie di misure.
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