«Non riesco più a insegnare come prima, ho paura». Maria Cristina Finatti è l'insegnante di Scienze di Rovigo che a gennaio è stata colpita con i pallini di una pistola ad aria compressa dai suoi alunni dell'istituto tecnico industriale. Ed è solo uno dei casi di violenza che si sono consumati in aula.
Al Ministero dell'Istruzione sono stati segnalati (per ora) 32 episodi, una media di uno alla settimana: 5 in Emilia Romagna, 4 in Sicilia, 3 in Toscana, Lombardia e Campania. E poi ancora in Piemonte, Veneto, Sardegna. Nel migliore dei casi si tratta di insulti verbali alla prof che si traducono in qualche giorno di sospensione. Ma spesso la mancanza di rispetto degenera in minaccia - psicologica o fisica - e in violenza. L'aspetto peggiore? Spesso le aggressioni e le liti faccia a faccia con l'insegnante vengono create ad hoc con il solo scopo di filmarle e pubblicarle sui social.
Va considerato che le segnalazioni raccolte dal ministero sono solo la punta dell'iceberg di un fenomeno più diffuso ma non sempre denunciato. E soprattutto, non tutti i casi si traducono in azioni legali. Spesso prevale il cuore dei prof, la loro missione di educatori che sperano di poter recuperare i bulli che li hanno aggrediti senza metterli nei guai con la giustizia.
«Abbiamo dati allarmanti di percosse e minacce ai docenti, è un bollettino di guerra non più tollerabile» sostiene il ministro Giuseppe Valditara. Da qui la decisione di realizzare una banca dati con i numeri del fenomeno: nei mesi scorsi è stato chiesto a tutti i dirigenti scolastici di segnalare gli episodi di violenza ai rispettivi uffici scolastici regionali. Senza più tacere. In questo modo, ogni episodio di aggressione arriverà al Ministero dell'Istruzione che, a sua volta, ne informerà le Procure, nei casi più gravi. Il ministero ha anche deciso di prendere le parti degli insegnanti lesi: l'avvocatura generale dello Stato li rappresenta nei giudizi civili e penali. Il docente infatti viene considerato un pubblico ufficiale e quindi l'insulto da parte di un alunno può essere punito come oltraggio.
«Voglio che si colga l'occasione per riflettere sull'introduzione dello psicologo a scuola - intima Valditara - È un momento particolarmente difficile, il disagio dei ragazzi, anche a seguito del Covid, è molto aumentato». Il presidente del Consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, David Lazzari, sostiene sia necessario «passare da una presenza emergenziale dello psicologo a scuola ad una sua presenza strutturale, come nel resto dei paesi occidentali».
Al di là dei casi di cronaca, un'indagine del portale Skuola.net rileva che - su un campione di 1.800 ragazze e ragazzi delle scuole superiori - soltanto da settembre ad oggi, circa uno studente su 5 dice di aver assistito a uno scontro frontale tra un suo compagno e il professore di turno. In un caso su tre si è trattato addirittura di episodi non isolati ma ripetuti più volte. Ad aggravare ulteriormente la situazione, ci si mette anche il tenore di queste azioni. È vero che nella stragrande maggioranza dei casi (70%) si tratta di aggressioni che si fermano sul piano verbale - insulti, risposte fuori luogo, proteste rumorose - ma è comunque enorme il dato di coloro che riportano anche di episodi molto simili a una lite da bar: il 18% racconta soprattutto di aggressioni fisiche (lancio di oggetti, faccia a faccia, mani addosso) e un ulteriore 12% denuncia un mix tra parole pesanti e affronti.
Secondo i dati della Uil scuola, nel 6% degli istituti superiori lombardi è stato necessario ricorrere all'intervento della pubblica autorità e nel 7% le intemperanze degli studenti hanno prodotto sanzioni economiche a carico delle famiglie. Nei tecnici e nei professionali le cose peggiorano.
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