"È tornata l'era dei caminetti...". Il ministro finisce "alla sbarra" dei 5 S

Nel caos della crisi di governo, il Movimento 5 Stelle rinvia l'assemblea dei gruppi di Camera e Senato e si torna a parlare della politica dei caminetti

"È tornata l'era dei caminetti...". Il ministro finisce "alla sbarra" dei 5 S

Le dimissioni di Giuseppe Conte hanno aperto la crisi politica e ora serpeggia un certo nervosismo nella maggioranza. Questa sera alle 21.30 il Movimento 5 Stelle aveva convocato l'assemblea per fare il punto sulla situazione e concertare le prossime mosse, anche in vista delle consultazioni con Sergio Mattarella di venerdì pomeriggio. Tuttavia, l'assemblea del MoVimento è stata posticipata di un'ora, alle 22.30. Non un buon segnale, che infatti è stato accolto con irritazione dai parlamentari.

"Come al solito veniamo ascoltati per ultimi, quando i giochi sono fatti", si è sfogato un parlamentare dopo aver appreso del rinvio. Per gli esponenti del Movimento 5 Stelle, i responsabili di una gestione non paritaria e non in linea con quanto da sempre ha professato il MoVimento sarebbero il capo politico Vito Crimi e il capo delegazione Alfonso Bonafede. "È tornata l'era dei caminetti", si sente dire da più parti. Uno spauracchio, sopratutto per quelli che da sempre sono i valori del Movimento 5 Stelle, nato con l'ideale dell'uno vale uno. La locuzione "politica dei caminetti" esiste da sempre ma è tornata alla ribalta nel 2018 per bocca di Matteo Renzi.

Il caminetto richiama l'ambiente intimo di un focolare a cui accedono poche persone, che parlano e discutono tra loro in un'atmosfera ovattata lontana da orecchie e occhi indiscreti. Il caminetto è sinonimo di penombra e di intimità, tutto il contrario di ciò che è la condivisione con la base, motore portante della politica del Movimento. La politica del caminetto, quindi, è intesa come la pratica di effettuare riunioni con una strettissima cerchia di esponenti che tra loro decidono il da farsi e che, solo in un secondo momento, lo rendono noto agli altri ma senza renderli partecipi delle decisioni.

Le dimissioni di Giuseppe Conte e il calo dei consensi per il Movimento 5 Stelle sono ovviamente motivo di preoccupazione dalle parti dei grillini, anche perché nel caso in cui si andasse alle urne e il presidente del Consiglio dimissionario si presentasse con una propria lista, i suoi consensi arriverebbero da quelli che alle ultime elezioni avevano votato il MoVimento e dai dem.

Pd e M5S uscirebbero fortemente ridimensionati e questa è un'ipotesi che nelle ultime ore si fa sempre più vivida e per la quale ora i grillini devono trovare una soluzione. Ma i mormorii interni al MoVimento aumentano e creano microfratture importanti.

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