Critici del liberismo ed "eretici". Il pantheon spiazzante di Vance

Il vice di Trump che ha scosso il Vecchio Continente è alternativo al vecchio establishment repubblicano

Critici del liberismo ed "eretici". Il pantheon spiazzante di Vance
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Il discorso del vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance a Monaco ha scosso la politica europea per le sue parole su censura, libertà di espressione, immigrazione. Un duro j'accuse alle istituzioni del vecchio continente che ha spiazzato i leader europei colti impreparati dall'utilizzo di categorie e schemi politico-culturali del tutto diversi rispetto a quelli a cui erano abituati fino a oggi da parte dei rappresentanti del governo americano. Un discorso inedito anche rispetto alla visione tradizionale del Partito repubblicano che testimonia una cesura con l'establishment del Grand Old Party. È una delle conseguenze dell'onda trumpiana che si è abbattuta sul Partito repubblicano ma ridurre Vance a un semplice esponente del movimento Maga sarebbe non solo riduttivo ma errato.

I riferimenti culturali e ideologici del vicepresidente sono infatti ben più radicati e, se Donald Trump non può essere definito un conservatore nell'accezione tradizionale del termine, questa categoria si può invece utilizzare per Vance. L'autore di Elegia Americana in questi anni già da senatore ha infatti mantenuto stretti rapporti con alcuni dei principali intellettuali conservatori americani che hanno contributo a influenzare il suo pensiero.

Leit motiv di queste figure è la critica al modello liberale occidentale così come è stato concepito negli ultimi anni, a una globalizzazione senza limiti, alle derive del politicamente corretto come la cancel culture e la cultura woke. Le parole d'ordine: cambio di regime e ordine post liberale.

Tra questi autori figura Patrick Deneen, professore di teoria politica all'Università di Notre Dame e autore del best seller Why Liberalism Failed? (Perché il liberismo ha fallito?), che teorizza un approccio più comunitario alla vita americana. L'ultimo libro di Deneen si intitola Regime Change (da noi uscirà in primavera in Italia come Cambio di Regime) e Vance ha partecipato alla presentazione di lancio identificandosi come membro della «destra postliberale».

Altro scrittore di riferimento del vicepresidente americano è Rod Dreher, autore de L'Opzione Benedetto e de La Resistenza dei Cristiani. Proprio Dreher venerdì ha pubblicato su X una foto di JD Vance scrivendo: «Un anno fa, ho bevuto birra con il mio amico JD Vance, in Germania. Nessuno della cerchia ristretta alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco aveva tempo per un giovane senatore statunitense con idee eretiche sull'Ucraina. Quest'anno, stanno tutti ascoltando. Una dura lezione per le élite».

Critico delle élite liberali è anche Sohrab Ahmari, figlio di una famiglia iraniana laica ed emigrato negli Stati Uniti da adolescente, oggi è condirettore di Compact magazine. Ahmari ha elogiato la scelta di Trump di nominare Vance come vicepresidente affermando: «Trump avrebbe potuto ascoltare i consigli di molti altri personaggi e scegliere un repubblicano convenzionale. Invece, ha scelto qualcuno che è insultato dai custodi dell'ortodossia sul libero scambio e sulla politica estera».

Ma nel suo Pantheon ci sono anche figure non convenzionali come il fondatore di PayPal Peter Thiel (principale finanziatore della sua campagna del Senato del 2022).

Le parole e le idee di Vance vanno ascoltate con attenzione, comprese e non demonizzate a priori anche perché tra quattro anni potrebbe essere lui il prossimo presidente degli Stati Uniti.

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