Come si stanno muovendo i big del settore auto dinanzi al mutato quadro di mercato, creatosi con il diktat europeo sull'auto elettrica? Uno studio AlixPartners stima investimenti per i veicoli elettrificati vicino ai 330 miliardi di dollari, entro il 2025. Il gruppo che più ha investito sulla rivoluzione elettrica, dopo Tesla che ha fatto da apripista e che prevede un dominio fatto di ben 20 milioni di auto l'anno, nel 2030, è Volkswagen: addirittura 180 miliardi messi sul piatto per i prossimi cinque anni dal big tedesco, con venticinque nuovi modelli a batteria e tanti servizi connessi.
Fortemente impegnata nella sfida anche il gruppo Stellantis: inedite Alfa Romeo e Lancia, avranno solo motori elettrici. Unendosi alle 75 Bev dei 14 marchi del gruppo italo-francese previste a listino entro il 2030, per un target annuo pari a 5 milioni di veicoli, grazie a 30 miliardi da investire nel piano Dare Forward. Non solo, la stessa Toyota, di approccio aperto e conscia dei decenni impiegati a vincere con le ibride, ha stanziato 62 miliardi fino al 2030, per auto elettriche e servizi relativi, con target a 3,5 milioni di veicoli l'anno. In Mercedes l'elettrico è dato per «scontato», pur se non dogma assoluto e globale: con obiettivo 2030 fatto di nuove Bev e 60 miliardi d'investimento. Restando in Germania, Bmw ha dato target 2025 per due milioni di proprie auto a batteria (Phev incluse) arrivando poi ad averne su strada dieci milioni, nel 2030.
La francese Renault, attenta ai costi con 30 miliardi da investire, in cinque piattaforme per i veicoli elettrificati dell'Alleanza (incluse Nissan e Mitsubishi), l'ad Luca De Meo in veste di presidente Acea evidenzia però le regole. Partendo dalla norma Euro7, necessaria di revisione a suo avviso. «Servono risorse al cambiamento, la scelta senza ascoltare tutte le voci (sulle Bev come prima soluzione, ndr) non è da rifiutare. Vogliamo de carbonizzare, ma con una politica concertata: per arrivare a zero emissioni in breve, la transizione è sport di squadra. Ci sono concorrenti che il sistema può gestire, con regole di reciprocità, per portare valore aggiunto, ma l'elettrico resta oggi frenato da infrastrutture e costi».
In un momento dove le case si preoccupano dell'approvvigionamento dei metalli rari, necessari alle batterie delle auto elettriche, si parla anche di accordi tra le stesse per gestirne al meglio la fornitura, collaborando. Per esempio la recente operazione per le miniere in Brasile, a cui partecipano anche Volkswagen e Stellantis: i due gruppi metteranno circa 100 milioni a testa, per sfruttare nichel e rame. Anche se restando alle case europee, le stime dicono che la ricercata indipendenza di produzione batterie dalla Cina sarà ottenuta non prima del 2026.
Un tema caldeggiato per l'Italia, è poi quello dei biocarburanti: una delle opzioni low-carbon fuels che applicata su larga scala, senza sconvolgere tecnologie in uso dai veicoli termici, può dare un contributo a tagliare emissioni. Valutate bene costi benefici dei carburanti green, viene da dire, tra cui gli eFuel sintetici cari all'industria tedesca.
Alla luce della neutralità riscoperta, sposata da marchi premium europei ma anche da Mazda, che ricorda come il 3 percento di miscela a «LCF», farebbe già ora quanto non riescono le pur evolute Bev, per le emissioni. In questo l'Italia può avere un ruolo, con lo sviluppo dei biocarburanti, la conversione in bioraffinerie e le opportunità nella ricerca.
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