Dall'Europa un miliardo per la crisi afghana. "Coinvolgere i talebani"

Draghi rilancia il multilateralismo. Ma pesa sulle conclusioni l'assenza di Putin e Xi Jinping

Dall'Europa un miliardo per la crisi afghana. "Coinvolgere i talebani"

Il bicchiere mezzo pieno è il ritorno, «seppure con fatica», del multilateralismo come «strumento di lavoro dei Paesi più industrializzati». E in questo senso il G20 straordinario sull'Afghanistan, fortemente voluto da Mario Draghi, è stato «un successo». Quello mezzo vuoto è l'assenza al tavolo del summit di Vladimir Putin e Xi Jinping, che non hanno trovato il tempo di partecipare in prima persona nonostante il vertice presieduto dal premier italiano fosse non in presenza ma da remoto. Al loro posto il viceministro degli Estri russo Igor Morgulov e il ministro degli Esteri cinese Wang Yi. Assenze, spiega Draghi, «non dovute» a «motivi di politica estera» e che «sono state comunicate in anticipo». Ma che, obiettivamente, ridimensionano il peso specifico del summit, lasciando intatta la sensazione che gli attriti geopolitici tra Mosca e Pechino da una parte e Washington dall'altra - soprattutto sul tema del precipitoso ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan - siano ancora fortemente condizionanti. E questo nonostante Draghi assicuri che «il coinvolgimento» di Russia e Cina «c'è stato moltissimo, prima della riunione» di ieri ed è stato «continuo». Non così tanto, però, da concludere il summit con una dichiarazione congiunta da far condividere ai Venti, nonostante a Palazzo Chigi abbiano lavorato su un testo ad hoc per oltre un mese. Il vertice, dunque, si chiude con il Chair's summary, cioè le Conclusioni della presidenza. Senza, quindi, la sottoscrizione di impegni cogenti. D'altra parte, è vero che in ambito G20 ogni ricerca di compromesso è storicamente problematica, complicata dalla eterogeneità di situazioni politiche, collocazioni geografiche e relazioni bilaterali.

Anche per questo, Draghi ha voluto concentrare il summit su un'agenda piuttosto circoscritta, puntando soprattutto sull'emergenza umanitaria. E ha fatto sedere allo stesso tavolo i rappresentanti dei venti governi più industrializzati, insieme a Onu, Banca Mondiale, Fmi e Ue per «lavorare insieme». Un appuntamento, spiega l'ex numero uno della Bce al termine del summit, che dimostra «la consapevolezza dell'emergenza» e «delle nostre responsabilità», visto che «siamo stati in Afghanistan per venti anni». Ed anche per questo che Draghi non esita a parlare di «successo».

Il G20, dunque, prova a rimettere ordine dopo il precipitoso ritiro da Kabul dello scorso agosto. E lo fa dando mandato alle Nazioni Uniti per «agire direttamente» con aiuti umanitari. Per l'Europa, spiega Draghi, «Ursula Von der Leyen ha annunciato lo stanziamento di un miliardo di euro», mentre Joe Biden ha fatto sapere che «dagli Usa arriveranno 300 milioni di dollari». Ma per affrontare davvero l'emergenza umanitaria in Afghanistan sarà «indispensabile» avere «contatti con i talebani». «Non c'è alternativa», dice Draghi. Il che, però, non significa un loro riconoscimento. «Saranno giudicati per quanto fatto, non per quanto detto», spiega il premier. E aggiunge: «Dovranno garantire il pieno accesso all'assistenza umanitaria da parte di tutti coloro che ne hanno bisogno, ovunque vivano in Afghanistan». Una linea condivisa dagli Stati Uniti che per bocca di Biden ribadiscono il loro «impegno» a «fornire assistenza umanitaria direttamente al popolo afghano attraverso organizzazioni internazionali indipendenti».

Ma oltre all'aspetta umanitario, c'è anche la questione migratoria. L'Italia è d'accordo con la Turchia per un coordinamento internazionale, ma non tutti i membri del G20 hanno la stessa posizione. Per il momento, «l'Onu lavora su corridoi umanitari». Infine il capitolo terrorismo. La richiesta dei Venti è che i talebani rescindano «i loro legami con i gruppi terroristici» e affrontino «la loro presenza sul suolo afghano».

Perché, dice Draghi, «l'Afghanistan non può tornare a essere il loro rifugio». Il premier insiste poi sui diritti delle donne e delle ragazze afghane. Un tema, spiega, «toccato da tutti i leader» del G20 che hanno ribadito come non si debba «tornare indietro di venti anni».

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