Fosse stato per suo padre, si sarebbe chiamato Willer, Willer De Vecchis. Un omaggio che il signor Giuseppe avrebbe fatto volentieri all’idolo della sua infanzia, Tex, il ranger a fumetti con il fazzoletto nero al collo. Il progetto però non andò in porto.
Si mormora che un impiegato dell’anagrafe si mise di traverso, convincendo il genitore a virare su qualcosa di più ortodosso. E allora lui scelse William, in modo da conservare una certa assonanza con il nome del suo beniamino. Ma William De Vecchis, senatore della Lega classe 1971, e l’eroe creato da Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini condividono molto di più di qualche lettera. È quel senso di giustizia che non si ferma davanti a nulla.
Ad esempio: avete mai sentito di un senatore della Lega con un passato da squatter? Probabilmente no, o almeno non prima di aver conosciuto il De Vecchis di qualche anno fa. Nei primi anni Duemila occupò il vecchio faro della sua Fiumicino pur di spronare l’amministrazione comunale a riqualificarlo. Ai tempi il senatore era un consigliere comunale alle prime armi, eletto quasi per miracolo tra le file di Alleanza Nazionale. Quella campagna elettorale fu memorabile.
Dopo più di dieci anni passati a militare nella sezione fiumicinese del Fronte della Gioventù, il ragazzo cresciuto a pane e affissioni ha la sua occasione. Chi ha vissuto accanto a lui quella stagione la racconta come un’epopea mitologica, piena di imprevisti e tanta voglia di riuscirci. Anche De Vecchis, subito dopo la partita d’addio al calcio di Bruno Conti, lo annovera tra i momenti più emozionati della sua vita. "In quel periodo avevo perso il lavoro e in tasca mi rimanevano un centinaio di euro: ho deciso di scommetterli tutti su quel sogno", spiega il senatore. Appena cento euro, che gli sono serviti per affittare un furgone con la vela: "Era così scassato che per metterlo in moto lo dovevamo spingere".
Da allora il futuro senatore ingrana la marcia giusta e continua a macinare consensi. Siederà per tre mandati consecutivi in consiglio comunale. Ogni elezione lo premia, tanto che nel 2013 fa il pieno di preferenze, è il candidato più votato della città. Il segreto del suo successo? Basta chiedere in giro e vi racconteranno di quella volta che è andato a "stappare le fogne delle case popolari con scopettone e guanti" o di quando si è messo a "tappare le buche con il bitume acquistato di tasca sua".
Poi c’è la folgorazione sulla via Prenestina. Galeotto fu il sopralluogo in un centro di accoglienza di Ponte Galeria assieme al futuro leder della Lega, ai tempi ancora Nord, Matteo Salvini. Correva l’anno 2015. De Vecchis se la ricorda come un’epifania: "Dopo la dissoluzione del Pdl e un periodo passato in Ncd ero stanco, disilluso, stavo pensando di abbandonare tutto, non so come ma è bastato scambiare due parole con Salvini per cambiare idea".
"Eravamo al bancone di un bar con spremuta e cornetto, davanti a me c’era una persona schietta, semplice e alla mano, siamo subito entrati in sintonia", ricorda. E così l’ex ragazzo di Fiumicino entra nella cerchia di quelli che Salvini ha battezzato come "folli geniali". Quelli che invece i media dell’epoca preferivano chiamare "padani de noantri" che vanno a braccetto con i secessionisti, gli impresentabili. È anche per questa prova di coraggio che oggi De Vecchis siede a Palazzo Madama. Ed è difficile non notarlo: "I miei trent’anni in Alleanza Nazionale si riconoscono tutti, ma va bene così, non li cancello né li rinnego".
Si riconoscono soprattutto quando mette in campo una delle sue trovate. È stato lui, in pieno periodo di performance canore dai balconi, a lanciare l’idea di cambiare repertorio musicale in occasione del primo 25 aprile ai tempi del Covid: invece di "Bella Ciao", l’Inno del Battaglione San Marco. E il mese scorso fa ha presentato assieme al collega di partito Claudio Barbaro una proposta di legge per inserire nei programmi scolastici la canzone "Avanti Ragazzi di Buda". Più che una proposta, una controproposta provocatoria per rispondere al Partito Democratico che aveva fatto altrettanto con la canzone simbolo della lotta partigiana.
Di lui si ricorda il giorno che zittì il senatore a vita Mario Monti quando in Aula pontificava contro la Lega ("Non hai il diritto di parlare, non ti ha eletto nessuno") beccandosi una reprimenda dalla presidente del Senato. È finito sulla cronaca per aver spintonato Franco Mirabelli, vicepresidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, al termine della seduta in cui è stato approvato il Def.
E anche per essersi cimentato, nei giorni in cui teneva banco il caso Gregoretti, in un battibecco parecchio acceso con il senatore pentastellato Marco Pellegrini. "Ho già preso il cartellino giallo, aspetto il rosso", dice ironico. I colleghi della Lega hanno dato il via alle scommesse. Sembra che qualcuno sia convinto che non arriverà a dicembre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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