L'esame di Maturità del prossimo anno segnerà il ritorno della prova scritta di italiano. Almeno: così è previsto nella bozza del ministero dell'Istruzione sulle nuove regole per i 500mila studenti che a giugno 2022 affronteranno l'ostacolo conclusivo del ciclo di studi della scuola secondaria. C'è da sperare che la bozza diventi effettiva, e si torni almeno parzialmente alla normalità (a causa dell'emergenza coronavirus negli ultimi due anni ci sono stati soltanto colloqui orali).
Potrebbe sembrare una decisione scontata, ma non lo è. Come è noto nei mesi scorsi alcuni studenti - che nella percezione comune sono diventati genericamente tutti gli studenti, cosa che non è - hanno lanciato un appello in cui si chiedeva la soppressione degli scritti, ritenuti superati, non significativi, se non addirittura «discriminanti». E la petizione, che ha avuta molta eco, come succede spesso alle boutade, è stata presa molto sul serio dentro il mondo della scuola. Forse troppo. Lo stesso ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi ha tentennato, parlato con gli studenti, riflettuto. Poi - forse anche grazie a una convinta e unilaterale levata di scudi del mondo della politica, della cultura e dei giornali, da destra a sinistra, dal Giornale a Repubblica, tutti convinti della necessità di tornare alla prova tradizionale - alla fine ha preso una decisione che a una parte, piccola ma mediatica, dei 500mila maturandi dispiacerà. Poco male. Quando cresceranno capiranno che è meglio così. Per loro, innanzitutto.
Comunque. Sulla carta - la conferma arriverà a gennaio - l'esame di maturità si strutturerà in tre momenti: una prova scritta d'italiano di carattere nazionale, comune a tutti gli indirizzi di studio; una «tesi di diploma», con argomento assegnato ai maturandi entro aprile e consegnata entro maggio; e un colloquio orale, strutturato in più fasi. Non è la piena normalità, ma siamo vicini.
L'orientamento del governo, se la bozza prenderà corpo, è importante per due motivi. Il primo è a livello più generale e non coinvolge soltanto gli studenti: il ritorno alla prova scritta e al sistema di valutazione tradizionale smentirebbe il timore che il virus possa diventare il pretesto, dentro la scuola come fuori, per trasformare una scelta emergenziale in una prassi corrente. Abituarsi e adeguarsi al peggio non è solo un rischio, terribile; è anche una tendenza naturale più comune di quanto si creda. La decisione del ministro, se confermata, rappresenta un argine importante.
Il secondo motivo, più specifico, può sembrare banale, ma è meglio ribadirlo.
Ripristinare la prova di italiano in un momento chiave della formazione dei ragazzi come è la Maturità, non è solo una misura di buon senso e di attenzione nei confronti degli studenti, come sostenuto da molti politici, linguisti e studiosi; è soprattutto la decisione giusta, e inderogabile, per poter verificare al meglio le conoscenze acquisite dal maturando e la sua capacità di elaborare un pensiero critico strutturato dal punto di vista logico, sintattico, lessicale.È soltanto attraverso la difficoltà della scrittura - mai abbassare l'asticella, scorciatoia che ha già causato troppi danni alla scuola - che si può dare prova di aver compreso la complessità del mondo.
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