Berlino. «Benvenuti a bordo di questo volo EasyJet, destinazione Londra Gatwick. I signori passeggeri sono pregati di allacciate le cinture di sicurezza». Si apre domani nel segno dei voli a basso costo la carriera di Ber, la nuova sigla aeroportuale che si vedrà sui cartelloni di arrivi a partenze negli scali di tutto il mondo. L'aeroporto è stato inaugurato ieri e subito intitolato a Willy Brandt, sindaco di Berlino ovest, ministro degli Esteri, ancora cancelliere federale ma sopratutto papà dell'Ostpolitik, l'apertura dell'Ovest ai fratelli separati della Ddr a fine anni '60. L'avvio delle operazioni ha mandato in soffitta i due piccoli aeroporti che hanno servito la capitale tedesca negli ultimi decenni. A ovest chiude fra una settimana lo scalo di Tegel.
Avviato come aeroporto internazionale nel 1960, Tegel doveva servire 6 milioni di passeggeri: finirà per vederne 22 milioni nel 2018. A est invece c'era Schönefeld. Diventato in anni recenti hub dei voli low cost, Schoenefeld ha sempre molto ingloriosamente scalato le classifiche di settore sui peggiori scali d'Europa; a differenza del piccolo ma ancora funzionale Tegel, la sua chiusura è stata molto poco rimpianta. Sulle sue ceneri e sostanzialmente sullo stesso sito, si riparte oggi con Ber, frutto dello sforzo congiunto di Berlino, del Brandeburgo (il Land che circonda la capitale) e dello stato centrale tedesco. Sforzo immane perché la storia dello scalo è la storia di un disastro finanziario.
Partiamo dal 2008: il 30 ottobre di quell'anno viene definitivamente chiuso il centralissimo aeroporto berlinese di Tempelhof, celeberrimo protagonista del ponte aereo americano (1948-49) che salvò la capitale dai sovietici intenti a strozzare le vie di accesso a Berlino. La chiusura di Tempelhof e la sua trasformazione in un grande parco urbano non impensierì i berlinesi: certo, Tegel e Schoenefeld erano al collasso ma di lì a poco si sarebbe inaugurato il nuovo gioiellino di Ber del quale si parlava ormai dal 1996. I lavori erano già iniziati da due anni e l'allora borgomastro della capitale, Klaus Wowereit (quello dello slogan «Berlino povera ma sexy») annunciava il pieno avvio dello scalo per il novembre 2011. La cerimonia ha invece avuto luogo solo ieri e con il passare del tempo il costo complessivo del progetto si è gonfiato in maniera abnorme, passando da 2 a 6 miliardi di euro. Errori di progettazione, di esecuzione dei lavori, impianti antincendio non a norma, luci che non si spegnevano e porte che non si aprivano: sulle vicende di uno scalo la cui inaugurazione è stata assicurata ogni anno a esclusione del 2019 è stato scritto il possibile e anche di più. Vicende anche ammantate di cronaca nera come il tentato avvelenamento nel 2016 di un ingegnere considerato da qualcuno troppo amico dei magistrati che indagavano sui presunti illeciti di quei cantieri senza fine.
Una pagina di storia delle infrastrutture che la Germania preferirebbe dimenticare, ma che non è finita qui visto che i tre proprietari pubblici hanno già annunciato che Ber avrà bisogno di almeno altri 1,02 miliardi di euro entro il 2023. Ma le cattive notizie non sono solo queste.
Già lo scorso aprile il Tagespiegel citava un pool di esperti secondo cui - corona o non corona - lo scalo non potrà andare in attivo per almeno due lustri data la profondità dell'abisso finanziario da cui deve risollevarsi.Unica consolazione per Angela Merkel sarà il volo inaugurale per Gatwick, in barba alla Brexit che la cancelliera ha cercato invano di evitare.
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