A lla lettura della sentenza gli imputati si abbracciano in aula, increduli. E allo stesso modo potrebbero festeggiare i loro compagni di fede che oggi si preparano a calare su Roma per urlare la loro rabbia contro le celebrazioni dei Trattati di Roma, perché la sentenza pronunciata ieri dalla Corte d'appello di Milano sancisce l'inerzia dello Stato davanti alle violenze di piazza: violenze annunciate e micidiali come quelle che il Primo Maggio 2015 rovinarono l'inaugurazione di Expo, e come quelle che - secondo l'allarme del Viminale - frange antagoniste apparecchiano per la giornata di oggi nella Capitale.
A quasi due anni di distanza dal giorno di fuoco inflitto a Milano dai no Expo, con le forze dell'ordine attaccate a freddo e una lista interminabile di auto, negozi, banche e vetrine incendiate e distrutte, la Corte d'appello milanese annulla l'unica condanna per devastazione inflitta in primo grado. Già era quasi grottesco che delle centinaia di incappucciati del Primo Maggio ne fosse stato condannato solo uno. Ora anche quell'uno - Andrea Casieri, 38 anni, militante di un centro sociale milanese - viene salvato dai giudici d'appello: la devastazione sparisce, i tre anni e otto mesi inflitti in primo grado si riducono a due anni e quattro mesi per resistenza e travisamento, la prospettiva di finire davvero in carcere a scontare la pena svanisce nel nulla. Casieri raggiunge gli altri tre imputati nella certezza dell'impunità. Tripudio in aula.
Nel dispositivo letto dal giudice Guido Piffer, Casieri viene assolto «per non avere commesso il fatto». Significa che la devastazione vi fu (e sarebbe difficile negarlo, di fronte a immagini che fecero il giro del mondo) ma che il giovanotto non ne risponde. Come e più dei giudici di primo grado, la Corte d'appello spezzetta l'analisi dei fatti, si ferma al singolo gesto del singolo incappucciato: una scelta che nel suo ricorso contro le assoluzioni dei compagni di Casieri il pm Piero Basilone aveva definito «illogica» e «inaccettabile», perché in una guerriglia pianificata come fu il Primo Maggio «l'agire di ciascun imputato nel medesimo contesto criminoso ha generato i gravi fatti di devastazione: e ogni facinoroso aveva la chiara percezione del contributo materiale e morale dato con la propria condotta al complessivo ampio scenario di devastazione».
Ad Andrea Casieri, peraltro, la sentenza di primo grado attribuiva ruoli diretti e addirittura di comando tra i black bloc protagonisti delle violenze: «Le foto consentono di apprezzare come Casieri sia stabilmente posizionato nel gruppo di appartenenti al blocco nero, anche armati di bastone (...) l'azione di Casieri si segnala come quello di coordinamento/direzione di persone partecipanti agli attacchi»: è lui, scrisse il giudice, che fa segno di avanzare, lui a «presidiare l'avanzamento di un contingente in attacco», lui a «dirigere il formarsi di un altro contingente armato di bastoni e dotato di caschi».
Bisognerà attendere le motivazioni per capire come, di fronte a simili comportamenti, la Corte abbia deciso di graziare l'unico condannato. Resta il fatto che il bilancio giudiziario della peggiore giornata vissuta da Milano è un nulla di fatto. In diretta, durante gli scontri, le forze dell'ordine scelsero (su ordine del governo) di non intervenire, anche quando sarebbe stato agevole farlo, lasciando di fatto mano libera ai violenti. «Li identificheremo, li processeremo e li puniremo», venne garantito all'epoca.
Sono stati identificati e processati: ma nessuno è stato punito. A rispondere di devastazione restano solo cinque anarchici greci: che se ne stanno tranquilli a casa loro, dopo che Atene ha rifiutato la loro estradizione.
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