Torino non è stata scelta in modo casuale. L'attacco alla città era preparato da mesi dagli anarchici in lotta contro il «tandem assassino» - e cioè Digos e procura torinesi, tra le più odiate d'Italia dai gruppi estremisti. E il simbolismo legato ai processi ad Alfredo Cospito, detenuto al 41bis con un quadro clinico in costante peggioramento (ieri è ritornato in ospedale) visto che da mesi è in sciopero della fame, non ha fatto altro che accendere la miccia. «Se Alfredo muore, dovranno pentirsi amaramente», la voce al megafono del corteo di Pasquale Valitutti, storico anarchico.
Erano arrivati in massa - poco meno di un migliaio - da tutto il nord-Italia e anche dall'estero per un'azione dimostrativa in piena regola. Non solo. Lo confermano le indagini: erano preparati e armati per raggiungere il loro obiettivo. Cioè devastare la città, colpendola fino ai suoi luoghi simbolo: piazza Castello ma anche il Palazzo di giustizia. Lo ha sintetizzato bene il sindaco Stefano Lo Russo: «È stata un'azione premeditata, non legata ad alcuna sedicente provocazione da parte di chi ha gestito l'ordine pubblico, un'azione del tutto voluta e atta a cercare lo scontro e la devastazione».
E anche se oggi si contano i danni con decine di vetrine spaccate, auto prese a mazzate, incendi e pali divelti quello che emerge è che la potenza del corteo poteva avere un impatto persino peggiore. Solo ieri gli investigatori della Digos torinese coordinata da Carlo Ambra hanno denunciato altri quindici manifestanti, che si aggiungono ad altri 37 già deferiti all'indomani del corteo. Erano le 18 di sabato, il lungo serpente nero era partito da poco meno di mezz'ora dietro lo striscione-scudo in solidarietà di Cospito, quando la polizia ha intercettato un carrello della spesa usato come arsenale di bastoni, scudi, piedi di porco, frombole, pietre, maschere anti-gas. Ne è nato un parapiglia con la polizia, le armi sono state prelevate ma gli anarchici sono riusciti a confondersi dentro il corteo. Nelle scorse ore sono stati identificati e denunciati per resistenza a pubblico ufficiale e per porto di armi e oggetti atti a offendere. Il carrello-arsenale è stato solo l'ultimo, in ordine di tempo, dei sequestri andati avanti per tutto il giorno sin dalla mattina. Stavolta gli anarchici, spiegano gli investigatori, hanno voluto dividere gli arsenali modificando così una strategia usata nel 2019 ai tempi dello sgombero del centro sociale «L'Asilo» e che si era dimostrata fallimentare. All'epoca infatti la polizia riuscì a individuare il luogo in cui erano stati ammassati scudi, mazze e pietre, e a disarmare i manifestanti quasi completamente.
Anche questa volta, grazie al lavoro di intelligence, il potenziale offensivo dei manifestanti è stato ridotto. E per questo, è stato ricostruito, nonostante in molte occasioni la tensione sia salita al massimo, gli anarchici si sarebbero tenuti a distanza per evitare lo scontro diretto con le forze di polizia.
Certo, questo non ha evitato i danni. Seppur ridotti nel loro potenziale offensivo, i caschi neri hanno ripiegato sui sampietrini, sui totem pubblicitari e sui pali usati come arieti.
Hanno anche incendiato bancali e staccato da terra i tombini per colpire le macchine. Sempre il sindaco del capoluogo piemontese ha anticipato l'intenzione del Comune di costituirsi parte civile nell'eventuale processo sulle devastazioni.
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