Devoto, rubacuori e grande gaffeur: il principe ombra fedele alla Corona

Anche se naturalizzato, Filippo ha servito il Regno in modo esemplare. Il dispiacere per non aver dato il cognome ai figli e il rapporto difficile con Carlo: "Speriamo regni per poco..."

Devoto, rubacuori e grande gaffeur: il principe ombra fedele alla Corona

All'inizio del 1952 l'allora trentenne principe Filippo partì per il Kenya con la moglie Elisabetta per un viaggio ufficiale. Sostituivano re Giorgio, padre di lei, troppo malato ormai per viaggiare. Nessuno immaginava, però, che proprio in Africa li avrebbe raggiunti la notizia della morte improvvisa del sovrano. «fu come raccontò in seguito il suo fedele amico Michael Parker se gli avessero caricato all'improvviso sulle spalle il peso della metà del mondo»: per il resto della sua vita avrebbe dovuto svolgere il ruolo del consorte della regina, sempre tre passi indietro a lei, nella sua ombra ma costantemente sotto gli occhi dei suoi sudditi e non solo dei loro.

Filippo si era comunque preparato per tempo a ciò che lo attendeva leggendo la biografia del principe Alberto, marito dell'altra grande regina britannica dei tempi moderni, Vittoria. Ma capì presto che ne avrebbe tratto poco vantaggio: «Alberto era stato il consorte di una sovrana quasi assoluta confidò mentre nel ventesimo secolo io avrei dovuto incarnare l'istituzione». Ecco, se c'è qualcosa che Filippo duca di Edimburgo ha saputo fare in modo esemplare lui che era figlio del principe Andrea di Grecia e pur avendo uno zio Mountbatten fu naturalizzato inglese solo nel 1947 è stato servire non solo l'istituzione monarchica britannica, ma il Regno Unito in ogni senso possibile. Cominciò a farlo nella Royal Navy, combattendo nella Seconda Guerra Mondiale tra l'altro a Capo Matapan e partecipando allo sbarco in Sicilia. Poi, lasciata la Marina per Buckingham Palace, si diede anima e corpo a un altro modo di servire il suo Paese d'adozione.

Non si tirò mai indietro, e non è un modo di dire: nella sua lunghissima vita partecipò a oltre ventiduemila eventi pubblici e accompagnò la regina in 252 viaggi ufficiali all'estero. E quando si ritirò a vita privata, a 96 anni suonati, l'incancellabile ricordo di certe sue gaffes politicamente scorrettissime (memorabile quando chiese a un aborigeno australiano «É vero che vi tirate ancora le lance?», o quando etichettò i russi come «quei bastardi») passò in secondo piano rispetto al rimpianto che lasciava quella figura così rispettata. La sua straordinaria longevità gli ha consentito di rimanere la roccia (così lei lo chiamava affettuosamente lontano dai riflettori) di Elisabetta lungo 73 anni di matrimonio, quasi 69 dei quali trascorsi mentre lei era Sua Maestà britannica. Un uomo vissuto nell'ombra, si potrebbe dire. Certamente è così, ma è giusto sottolineare, oltre all'esemplare impegno per la monarchia, che l'uomo Filippo ha saputo trarre da questa situazione il meglio anche per sé. Privilegi, dunque, ma in passato anche una certa libertà di movimento personale tenuta ben nascosta e che sembra che la regina abbia saputo entro certi termini tollerare.

Di una sola cosa sembra che fosse realmente dispiaciuto: essere l'unico uomo in Gran Bretagna a non poter trasmettere ai suoi figli il proprio cognome. Si consolò nel veder ereditate dal figlio Andrea le sue qualità militari, mentre è noto che il suo rapporto col primogenito Carlo sia stato disastroso. Sempre poco diplomatico, gli faceva ben intendere di non stimarlo, e una decina di anni fa lo ricorda Tom Bower nella sua biografia di Carlo Rebel Prince si lasciò scappare con amici di esser felice che sua moglie fosse «sulla via di arrivare a cent'anni sul trono, perché così eviterà ai britannici di avere Carlo come re per troppo tempo».

La sciocca leggenda nera di un suo ruolo nella morte tragica di Diana è smentita anche dalle lettere affettuose che in seguito si seppe che era solito inviarle, mentre è certo che non abbia mai sopportato Camilla. E il fatto che sia morto proprio nel giorno del suo anniversario di matrimonio con Carlo, guastando la festa, sembra quasi un ultimo dispetto al figlio, disposto però dal destino.

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