
Era malato, ma se i medici che lo stavano curando avessero fatto una diagnosi adeguata prescrivendogli un corretto trattamento terapeutico, Andrea Purgatori sarebbe con elevata probabilità sopravvissuto più a lungo. È sempre stata la tesi della Procura della capitale, che indaga sulla morte del giornalista deceduto il 19 luglio del 2023 al Policlinico Umberto I di Roma a causa di una endocardite infettiva, benché avesse un grave tumore polmonare, e le corpose perizie di parte depositate nei mesi scorsi dai difensori degli indagati non hanno convinto i magistrati del contrario.
Così, a tre mesi dalla chiusura delle indagini sollecitate dai familiari di Purgatori, il pm Giorgio Orano ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro dottori, accusati di omicidio colposo. Il prossimo 19 settembre si dovranno presentare davanti al gip Gianfranco Gualdi, uno dei più rinomati radiologi italiani, Claudio Di Biasi (che deve rispondere anche di falso) e Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua equipe, e il cardiologo Guido Laudani. Secondo gli inquirenti gli indagati, in cooperazione tra loro, con condotte colpose avrebbero provocato la morte del giornalista. Ognuno con responsabilità specifiche. I neuroradiologi non avrebbero refertato correttamente la risonanza magnetica dell'8 maggio 2024, indicando senza margini di dubbio la presenza di una metastasi cerebrale di un tumore al polmone che in realtà non c'era e «omettendo qualunque riferimento alla possibilità che le anomalie descritte fossero riferibili a lesioni di natura ischemica». Il professor Gualdi, in particolare, avrebbe rappresentato al paziente e ai familiari la necessità di cominciare immediatamente la radioterapia, una cura che si sarebbe dimostrata non solo «debilitante» ma anche dannosa, perché non avrebbe consentito di rilevare le «lesioni ischemiche» che sarebbe stato necessario indagare senza ritardo. Insomma, conseguenze gravissime, determinate - a detta della Procura - da «imperizia, negligenza e imprudenza».
Negli atti del procedimento, che riassumono il calvario ospedaliero patito da Purgatori, c'è una perizia medico legale, disposta dal gip, che parla senza mezzi termini di «catastrofica sequela di errori ed omissioni». Nel documento si afferma che «un corretto trattamento diagnostico-terapeutico avrebbe consentito al paziente un periodo di sopravvivenza superiore a quanto ebbe a verificarsi. La letteratura scientifica considera il tasso di sopravvivenza a un anno in misura dell'80 per cento qualora l'endocardite venga tempestivamente adeguatamente trattata». Nella perizia si aggiunge che l'endocardite «avrebbe potuto essere individuata più tempestivamente, per lo meno all'inizio del ricovero dal 10 al 23 giugno del 2023 o ancora prima, nella seconda metà di maggio 2023, qualora i neuroradiologi avessero correttamente valutato l'esito degli accertamenti svolti l'8 maggio». Invece l'errore nella refertazione della risonanza avrebbe determinato una serie di conseguenze dannose per il fisico già debilitato di Purgatori, sottoposto ad una terapia che non dava gli effetti sperati.
Tanto che viene chiesto un consulto al cardiologo Laudani, della clinica Villa Margherita, che avrebbe sbagliato a diagnosticare una fibrillazione atriale, prescrivendo una terapia anticoagulante «rivelatasi potenzialmente fatale e di fatto controindicata nelle endocarditi, con totale oscuramento del contesto clinico complessivo».
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