"Immaginate cosa sarebbe successo se durante la Seconda Guerra mondiale fosse esistita la Convenzione sul genocidio», è la provocazione lanciata dai legali dello Stato d'Israele di fronte alla Corte dell'Aia. Immaginate gli Alleati aderire alla Convenzione, i Paesi dell'Asse restarne fuori e uno Stato neutrale avviare un procedimento contro i primi, «mostrando le immagini delle vittime civili e delle sofferenze del conflitto, per tentare di dimostrare le «violazioni nella conduzione delle ostilità e chiederne la fine immediata». «Se allora fosse stata invocata la sospensione della guerra, gli Alleati avrebbero dovuto arrendersi alla Germania nazista». Ecco il rischio che corre Israele, e di conseguenza il mondo intero, secondo il team di cinque esperti avvocati, guidato dal celebre accademico inglese Malcolm Shaw, e scelto per rappresentare lo Stato ebraico di fronte alla Corte internazionale di Giustizia dell'Aia. Il rischio è la resa a Hamas, la resa al terrorismo, dopo il ricorso presentato dal Sudafrica, che accusa lo Stato ebraico di genocidio davanti al più importante tribunale delle Nazioni Unite.
L'11 gennaio sono cominciate le udienze di un processo che si prevede lungo e dovrà stabilire, in prima battuta, se ordinare immediatamente a Israele l'interruzione delle operazioni militari nella Striscia di Gaza come «misura provvisoria» e, in tempi più dilatati, probabilmente qualche anno, se ritenere lo Stato ebraico responsabile della precisa intenzione di distruggere il popolo palestinese. Ad avvertire del pericolo di uno scivolone storico e giuridico senza precedenti, di una minaccia per tutti gli Stati sovrani, di un ribaltamento della realtà, con gli sterminatori di Hamas impuniti da una parte e Israele sul banco degli imputati nonostante la strage del 7 ottobre dall'altra, è l'avvocato Christopher Staker, ex capo del Dipartimento giuridico della Cig e legale della squadra israeliana, che non a caso all'Aia ha rievocato la lotta al nazismo. Se una cosa è evidente, a chi difende Israele davanti agli occhi del mondo e di fronte ai 15 giudici del Tribunale nato nel secondo dopoguerra, è che se genocidio c'è stato, nel conflitto fra Hamas e Israele, questo è stato perpetrato dai terroristi di Gaza contro il popolo israeliano in quel tragico 7 ottobre in cui 1200 donne, uomini e bambini, in larga parte civili, sono stati trucidati senza pietà, per il solo fatto di essere ebrei. Non è un caso ha ricordato in udienza Tal Becker, legale del ministero degli Affari esteri israeliano, aprendo la seduta che il termine genocidio sia stato coniato dal polacco ebreo Raphael Lemkin. Gli ebrei conoscono bene quel «male devastante scatenato dall'Olocausto». E non è un caso che Israele sia stato fra i primi Stati a ratificare la Convenzione sul genocidio nel nome di quel «mai più», che «per qualcuno è uno slogan, ma per Israele è il più alto obbligo morale». Anche questo spiega perché il ricorso alla Corte dell'Aia si basa - accusano gli israeliani - «su un quadro di fatto e di diritto profondamente distorto», su una descrizione decontestualizzata e manipolativa della realtà», su una delegittimazione di Israele «appena distinguibile dalla retorica negazionista di Hamas». Gli orrori dei terroristi sono stati cancellati, denuncia lo Stato ebraico, come è stato cancellato il diritto di Israele a difendersi. Cos'altro può essere, infatti, se non diritto alla difesa, la reazione militare di fronte agli orrori del 7 ottobre? - è la domanda retorica dei difensori d'Israele. I legali ricordano solo alcune delle atrocità, intere famiglie torturate e uccise, bambini massacrati dopo aver assistito a violenze barbare, mostruosità documentate proprio da Hamas, che di quelle scene ha fatto arma di propaganda. Tra le tante, l'avvocato Becker rievoca il caso di una giovane uccisa al Nova Festival. Un sopravvissuto ha raccontato alla polizia di come un militante di Hamas l'abbia «violentata brutalmente, mentre un altro militante le tagliava il seno e ci giocava. Un secondo militante poi l'ha violentata di nuovo, sparandole alla testa mentre era ancora dentro di lei». Ecco perché il tentativo di usare il termine genocidio come arma contro Israele, secondo il team di avvocati israeliani, «sovverte l'oggetto e lo scopo della Convenzione stessa, con conseguenze per tutti gli Stati che cercano di difendersi da chi dimostra totale disprezzo per la vita e per la legge».
Quanto alle vittime civili, per Israele è Hamas che ha trasformato in un disastro «quella che poteva essere una storia di successo politico ed economico» a Gaza. Il gruppo islamista «ha creato la roccaforte terroristica forse più sofisticata nella storia delle guerre e, in un modo che non ha precedenti e parallelismi, si è mischiato con la popolazione civile, rendendo le sue sofferenze parte della propria strategia», «assoldando ragazzini sotto i 15 e i 16 anni fra i suoi 30mila combattenti, nascondendo esplosivi e armi nelle moschee, nelle scuole e nelle camerette dei bambini». Ecco «l'orrenda realtà scomparsa» nella denuncia del Sudafrica, lamenta lo Stato ebraico. Da qui la conclusione: «Israele mira a garantire che Gaza non possa mai più essere utilizzata come trampolino di lancio per il terrorismo. Con l'obiettivo di creare un futuro migliore sia per gli israeliani che per i palestinesi, in modo che entrambi possano vivere in pace». L'accusa di genocidio, è quindi pura «diffamazione» per i legali israeliani. Ignora «il più grande omicidio di massa premeditato» di ebrei in un solo giorno dall'Olocausto», ignora che «l'uso della popolazione civile è un metodo di guerra per Hamas», ignora i razzi contro i civili israeliani lanciati dalle abitazioni di Gaza, i tunnel scavati sotto edifici civili, ignora che Israele non ha cominciato e voluto questa guerra e che chi vuole perpetrare un genocidio come ha sottolineato la consigliera del ministero della Giustizia israeliana Galit Raguan - «non ritarda le manovre di terra esortando i civili a cercare luoghi più sicuri e sacrificando il proprio vantaggio operativo», non investe risorse «per fornire ai civili dettagli su dove andare, quando andare, come lasciare le aree di intensi combattimenti».
Se la richiesta del Sudafrica sarà accolta è la sintesi di Israele la Convenzione sul genocidio diventerà «la Carta degli aggressori» e «incoraggerà i terroristi che si nascondono dietro ai civili, a scapito degli Stati che cercano di difendersi contro di loro».
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