Bocche cucite (almeno con il Giornale) e nessuna dichiarazione ufficiale. Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri non commenta (e non smentisce) l'ipotesi che alla fine sia il suo ufficio a doversi fare carico delle indagini sulla strage di Cutro del 26 febbraio, a poche centinaia di metri dalle coste di Steccato di Cutro. Soprattutto se - come pare - gli esposti di alcuni superstiti, le denunce delle Ong e le sollecitazioni del mondo politico dovessero portare alla sbarra il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti. Di certo le indagini saranno lunghe e complesse, i reati dovranno avere fondamento altrimenti l'eventuale processo diventerebbe l'ennesimo terreno di scontro tra magistratura e politica. Per ora è la Procura di Crotone che indaga per omissione di soccorso e disastro colposo, anche se un paio di filoni sono stati aperti anche a Locri. Il pool di avvocati (Vincenzo Cardone, Mitja Gialuz, Luigi Ligotti e Francesco Verri) contestano che dal naufragio ai soccorsi sono passati invano 30 minuti. C'è chi come Sea Watch, Open Arms e Mediterranée assieme una quarantina di altre Ong lamenta che il naufragio potesse essere evitato grazie alle informazioni comunicate da Frontex quasi 24 ore prima del disastro (alle 23.03 di sabato 25 febbraio) ma che la normativa nazionale ed internazionale in tema di soccorsi in mare non è stata applicata, anche se l'imbarcazione alla deriva aveva tutte le caratteristiche per essere considerata in distress. La Guardia di Finanza è uscita in mare alle 2.20 di domenica con due mezzi poi rientrati un'ora dopo a causa delle pessime condizioni meteo marine, i mezzi della Guardia costiera che avrebbero potuto affrontare la tempesta non si sono mossi perché non era stata considerata un'operazione di salvataggio. Tutto ruota intorno al Viminale, a cui spetta il controllo delle operazioni Search and Rescue in capo all'Imrcc (Italian maritime rescue coordination centre) e al ministero delle Infrastrutture, «competente perché l'Imrcc è attivato presso il Comando generale delle Capitanerie di porto», si legge nell'esposto di alcuni legali. Ma l'evento Sar non si è mai avviato, anche a causa del fatto che ai profughi è stato impedito di lanciare l'allarme - come raccontano alcuni testimoni - e questo ha creato un corto circuito nella catena di comando dei soccorsi. Da qui l'ipotesi che Piantedosi e Salvini debbano rispondere davanti al Tribunale dei ministri di Catanzaro.
«Questi erano profughi diversi dal solito - commenta con il Giornale un inquirente che conosce le indagini - il loro sbarco non era concordato con le altre Ong come succede quasi sempre quando si parte dalla Libia, erano siriani e afghani, gente che aveva diritto d'asilo ma non aveva documenti». Il loro numero è in aumento: le organizzazioni criminali dedite al favoreggiamento dell'immigrazione irregolare, principalmente curde e pakistane, scelgono di partire dalla Turchia o dal Libano assieme a nordafricani ma anche pakistani, afghani, iraniani, indiani o nepalesi, spesso dello stesso nucleo familiare e con molti minori, la cui gestione è in capo a singoli trafficanti di uomini o micro-gruppi criminali, come spiegano i nostri 007. Destinazione Calabria e Puglia.
Uno degli scafisti di Cutro è un 17enne pakistano, riconosciuto
da alcuni superstiti, la cui sorte venerdì prossimo dipenderà dal Tribunale dei minori di Catanzaro. Se emergessero rapporti con le 'ndrine calabresi, come Gratteri pensa da tempo, l'indagine avrebbe tutto un altro senso.
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