Il dilemma dei tassi agita la Bce. Ma nessuna riunione di emergenza

Colombe in pressing per la linea della prudenza e il mercato scommette già che la stretta sarà meno severa. Giovedì il verdetto

Il dilemma dei tassi agita la Bce. Ma nessuna riunione di emergenza

Dopo la cacofonia di voci delle ultime settimane, dalle segrete stanze non esce uno spiffero. Nel rispetto di quella liturgia del silenzio da sempre officiata a ridosso degli appuntamenti di politica monetaria. Tacciono i falchi, si zittiscono le colombe. Un mutismo che rischia però di farsi assordante ad appena una manciata di ore dalla riunione di giovedì, quando la Bce svelerà al mondo se l'affondamento di Silicon Valley Bank e il conseguente cappottamento delle Borse hanno determinato una modifica al piano di volo già stabilito. Ovvero, quella stretta di altri 50 punti che quasi più nessuno ipotizza per la Fed (possibile per appena il 17% degli analisti, contro il 70% della scorsa settimana), mentre l'ipotesi di tassi invariati è salita al 23 per cento.

I mercati cominciano a dubitare del fatto che l'Eurotower mostrerà ancora la faccia feroce. Il gioco delle probabilità assegna ora il 50% di chance a un giro di vite dello 0,5%, mentre il pivot del costo del denaro viene collocato al 3,5% contro il 3% che costruisce l'attuale livello dei tassi. Trattasi di scommesse non suffragate da nessuna pezza d'appoggio, seppur si possa immaginare un dibattito in seno al board particolarmente vivace dopodomani sull'opportunità o meno di allentare la presa.

Del resto, a Francoforte si muove sul filo del rasoio. Limitare a un quarto di punto il giro di vite - o addirittura restare immobile - potrebbe essere interpretato benevolmente come il segnale che il momento richiede prudenza nell'agire. Come peraltro già suggerito di recente dai due componenti italiani del direttivo, Ignazio Visco e Fabio Panetta. I mercati potrebbero però dare un'altra interpretazione. Questa: la Bce teme che il terremoto finanziario non sia circoscritto al suo epicentro, cioè gli States, ma possa estendersi anche all'eurozona. Al punto da far scivolare dietro le quinte la lotta contro l'inflazione. Una chiave di lettura tale da peggiorare la situazione.

I rischi maggiori, tuttavia, sembrano riguardare il mantenimento della postura rigida, come se da venerdì scorso nulla fosse successo. Una cecità alla Saramago, dove la mancanza di razionalità si accoppia a una rigidità stridente e fuori luogo. Il rischio è proprio questo. Evidenziato da ciò che rivela Reuters, secondo cui la banca centrale non ha in programma una riunione d'emergenza del suo Consiglio di vigilanza malgrado la via crucis dei titoli bancari. Una fonte del Single supervisory board motiva la mancata convocazione col fatto che l'Eurotower non vede un impatto diretto del fallimento di Svb sulle banche della zona euro, a meno che le ramificazioni non si diffondano big del credito Usa, aumentando le probabilità di contagio. Il che fa supporre che la stretta di mezzo punto rimanga saldamente ancorata alle aspettative dei falchi.

Qualche cautela supplementare non sarebbe però fuori luogo. La Bce è una banca centrale giovane, ma con già qualche sbaglio sul groppone. I più gravi sono stati commessi da Jean-Claude Trichet, ammaliato dalle fobie della Bundesbank. Più preoccupato dalla pagliuzza inflazionistica nell'occhio che dalla trave rappresentata dallo scoppio della bolla subprime, il banchiere francese decise nel 2008 di alzare i tassi finendo per consegnare Eurolandia nelle spire della Grande recessione. Per poi commettere lo stesso esiziale errore nel 2011: mentre la Grecia già boccheggiava, decise una doppia stretta che fu il detonatore della crisi del debito sovrano. Evitare di incorrere negli stessi inciampi è quanto meno opportuno.

Così, mai come in questo momento, la presidente Christine Lagarde dovrà misurare le parole col bilancino del farmacista, nella conferenza stampa di giovedì, ed essere convincente nello spiegare le ragioni che hanno determinato le scelte dell'istituto. Visti i precedenti, non è affatto scontato.

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