Il dilemma del politico di inseguire i "terrapiattisti"

Gruppi di cittadini che abbracciano posizioni prive di alcun senso e fondamento, che chiameremo terrapiattisti per intendere ogni forma di deriva mentale.

Gruppi di cittadini che abbracciano posizioni prive di alcun senso e fondamento, che chiameremo terrapiattisti per intendere ogni forma di deriva mentale. Il magnete è sempre una lettura della realtà nascosta, alternativa e fantastica, quando non fantascientifica. Non è la bandiera della vita ma per un po' dà un senso a chi la sventola. Inevitabilmente si sgonfierà e un'altra sarà pronta a sostituirla. Perché sì, nella società del consumismo si avvicendano anche le idee, soprattutto le idee. Ma la nuova bandiera non avrà i medesimi seguaci della precedente. Questi gruppi sono fluidi, si formano e si separano come stormi di uccelli all'imbrunire: chi si è speso contro il 5G magari accetta l'esistenza dell'Equatore.

Per la maggioranza di noi sono posizioni difficili da capire e buone per le vignette umoristiche. Ma se i cittadini fanno spallucce, per i politici non è così semplice. I gruppi hanno una certa consistenza, fanno rumore e alla fine votano. E i politici si sa non ragionano in termini di cittadini, ma solo di elettori.

Per i politici, queste aggregazioni di elettori intorno alle più varie fesserie costituiscono un dilemma. La via facile, istintiva, sarebbe di far loro da megafono, interpretarne le istanze, per quanto insulse e incredibili siano, e farlo per primi, sperando che poi nel segreto dell'urna si ricordino di chi ci ha messo la faccia. Però, proprio la faccia è il problema. Se se la giocano a favore dei terrapiattisti di turno, cosa penseranno di loro gli altri, quelli che un minimo di sale in zucca ce l'hanno? Una cosa è dividersi sulle politiche dell'immigrazione o sulla giustizia, dove anche le idee avverse sono frutto di interessi e ragionamenti legittimi, per quanto non condivisibili, altro è dare voce a posizioni prive di senso. Anche grazie agli avversari che non aspettano altro, si rischia di compromettere un pacchetto di voti guadagnato a fatica negli anni. E proprio il sistema di aggregazione del consenso è la causa e la soluzione del dilemma.

Il politico deve guidare, non seguire. Leader è colui che sa indicare una rotta e convincere gli altri a seguirlo, perché lì c'è la terra promessa. Andar dietro ai sondaggi, che riportano ogni giorno il mutevole orientamento degli elettori, è una via senza uscita. Intanto, così non viene fuori nessuna rotta e si gira in tondo. Ma soprattutto, poiché gli elettori si occupano della politica solo nel tempo libero e in modo amatoriale, non è loro mestiere elaborare strategie.

Se ascoltano una narrazione che funziona, da chi pare sapere dove si vada, scelgono democraticamente quel leader e sbandano molto meno e molto poco sulle fesserie. Se invece hanno la sensazione che chi è al volante sia incerto su dove andare, i terrapiattisti si moltiplicano.

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