La dinastia perde un pezzo di Storia. Il futuro del regno ora agita il Paese

Si chiude il secolo lungo della famiglia reale nell'anno drammatico tra Brexit e virus. Ora la sfida più difficile: la tenuta di una nazione che si identifica con i Windsor

La dinastia perde un pezzo di Storia. Il futuro del regno ora agita il Paese

Una bandiera spenta sopra il tetto di Buckingham. La morte del principe ferisce una terra già afflitta dal virus maligno che ha lasciato centomila e più vittime, come in guerra. Questa è una morte diversa, Filippo si porta via una fetta grande di secolo e apre il mistero, sul futuro prossimo, su Elisabetta, sui Windsor, su una dinastia che non è una semplice famiglia ma è una istituzione, una azienda, il segno distintivo di un'isola che adesso ha paura di perdere il proprio tesoro.

Elisabetta II, regina solitaria nella folla di sudditi, si sveglia semplice donna infine sola, ha smarrito la sua ombra, il fedele compagno, un simpatico collie che non ha mai avuto tutta sua la cuccia, come ha scritto, di Filippo, la cugina Alexandra. La coppia ha concluso la favola incominciata in un tempo lontanissimo ma che è potuta resistere soltanto su quella terra esclusiva che è il Regno di Gran Bretagna. Gli inglesi sono felici di essere sudditi, sostantivo fastidioso in un'epoca di liberazione e di libertà. Quale sia la libertà, non è dato sapere, se lo stesso principe, in occasione della dichiarazione di indipendenza di Singapore, era il 1959, arrivò a dire: «Ho pochissima esperienza personale di indipendenza. Sono una delle persone più governate che potresti sperare di incontrare, vengo addirittura chiamato amico della signora regina». Si registrarono diverse fughe da tale prigionia, Elisabetta sapeva ma non volle occuparsene mai pubblicamente, a parte quel giorno in Australia, quando la troupe incaricata di girare un documentario sulla coppia, si ritrovò di fronte a uno scoop incredibile, la porta dello chalet, che ospitava i nobili, si aprì di colpo e si vide uscire il principe seguito, nell'aria calda, da un paio di scarpe da tennis e da una racchetta. Qualche minuto dopo la regina concesse il perdono: «Cose che capitano nei matrimoni».

Non è più capitato in questi anni ultimi, quando si è compreso che la storia andava a concludersi, non quella di una fedeltà profonda, ma di una coppia regale e reale, destinata a segnare un'epoca di tormenti e rivoluzioni, terremoti e tragedie, crisi e terrorismo, anni orribili dai quali Elisabetta e Filippo sono usciti, indenni, nel loro austero silenzio, sovrano e distante da un mondo che cerca di farsi riconoscere e apparire continuamente. L'Inghilterra, e non soltanto, si domanda che cosa, adesso, possa accadere, le sliding doors di un regno, la conclusione di una dinastia, l'inizio di un'altra storia. Filippo non ha mai avuto compiti governativi, la sua assenza presente era prevista, eppure era lui a tenere vivi gli ospiti a corte, Elisabetta mai si è liberata da un comportamento protocollare. Da tempo gli impegni di rappresentanza sono passati a Carlo, si dice che possa essere lui il reggente, di certo la regina non abdicherà in occasione del suo novantacinquesimo prossimo compleanno. La regina Vittoria si era ritirata dopo la morte del consorte principe Alberto. Era un regno diverso, lo stesso che aveva conosciuto la reggenza dal 1811 al 1820 quando la malattia mentale costrinse Giorgio III al figlio Giorgio IV, fu quella lapplicazione del Regency Act ma oggi l'ipotesi non prende corpo. La regina ha saputo affrontare la morte del padre e il giorno dopo ricevere Winston Churchill per affrontare incarichi e obblighi e scoprire un futuro non previsto. La sua vita oggi deve sopportare una sofferenza che lei stessa aveva disegnato: «È stata la mia forza, mi è stato vicino lungo tutti questi anni, gli devo un debito che nessuno saprà mai».

Torneranno ricordi della loro esistenza, la bottiglia di whisky, accanto al letto della sovrana, una eredità di Vittoria che Filippo cancellò, il trenino con il quale, ancora minorenni, giocavano per ritrovarsi più vicini, la corsa pazza in auto verso Cowdray Park: «Se ci provi ancora scendo» urlò Lilibet e il principe alzò il piede dall'acceleratore, uso ad obbedir tacendo e, così ancora, Elisabetta, dopo la scomparsa del proprio padre, impose al consorte il divieto di fumare e l'ordine venne eseguito. Pagine di un libro ormai chiuso e bagnato dalle lacrime.

Elisabetta ha già percorso da sola la navata della cattedrale di St. Paul, erano i giorni del Giubileo di Diamante. Apparve stanca e il viso mostrò una smorfia malinconica. Forse immaginando l'arrivo di un mattino di aprile.

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