Disastro di Arcuri: mascherine nocive. Distribuiti in Italia 250 milioni di pezzi

Filtrano un decimo del dichiarato. La Finanza ne ha recuperati 60 milioni, ma altri 190 sono finiti a infermieri e medici: si indaga sui possibili danni alla salute. Ieri blitz a Invitalia, i dubbi sul Cts

Disastro di Arcuri: mascherine nocive. Distribuiti in Italia 250 milioni di pezzi

Setacciati depositi in tutta Italia. Un'inchiesta della Guardia di finanza mette sotto accusa 250 milioni di mascherine importate dal Commissario straordinario per l'emergenza in epoca Arcuri: stando agli accertamenti tecnici a campione, dodici diverse partite di Ffp2 o simili, destinate alla sanità delle varie regioni, non erano a norma. Anzi: in molti casi la capacità di filtrazione delle particelle di aerosol che trasportano il virus era appena del 9 per cento, quasi dieci volte inferiore al valore dichiarato.

A sconcertare è il fatto che il blitz della Guardia di finanza ha permesso di individuare ben 60 milioni di pezzi, a partire da un deposito del corriere Sda in Lombardia, a Cesano Maderno. Ma milioni di altre mascherine sono già state recapitate. E sono finite soprattutto sul viso di medici e infermieri. E il prossimo passo dell'indagine sarebbe proprio questo: accertare l'eventuale aumento di mortalità nei reparti dove sono state usate.

Il comandante provinciale delle Fiamme gialle di Gorizia, il colonnello Antonino Magro, ricevuta la prima segnalazione da un operatore sanitario ha avuto subito chiaro il pericolo. I test presso un laboratorio specializzato in provincia di Torino erano inequivocabili. In febbraio è scattato il primo sequestro di 1,5 milioni di pezzi a Gorizia. Da lì l'inchiesta si è allargata a tutta l'Italia, e all'intero carico di dispositivi importati dalla Cina con appalti da centinaia di milioni di euro. Lo staff dell'attuale commissario straordinario per l'emergenza, il generale Figliuolo, ha collaborato fornendo gli elementi per tracciare la filiera della distribuzione e risalire 60 milioni di mascherine. Ma altri 190 sono in giro o sono già state usate.

Gli investigatori, su mandato della Procura della repubblica di Gorizia, hanno avviato il sequestro dei dispositivi, tutti importati dalla Cina. Al momento il reato contestato è la «vendita di prodotti industriali con segni mendaci», punito con due anni di carcere, e la Procura ha intestato l'indagine a carico di ignoti. Ma ancora una volta a finire sotto la lente degli investigatori è l'attività dell'ex Commissario straordinario Domenico Arcuri. Ieri la Guardia di finanza, ha perquisito la sede di Invitalia a Roma, tuttora quartier generale delegato-a-tutto di Giuseppe Conte, prontamente sostituito da Mario Draghi. La Finanza ora studia la catena di responsabilità dell'importazione che non si ferma a Invitalia: il meccanismo di importazione avrebbe previsto un via libera obbligatorio del Cts, il comitato tecnico poi rivoluzionato da Draghi.

Buona parte delle mascherine sequestrate arrivano da aziende di Wenzhou in Cina, proprio come quelle finite nel ciclone dell'inchiesta sui «mediatori d'oro» in cui è indagato Mario Benotti, l'uomo che con Arcuri durante l'emergenza ha avuto oltre duemila contatti telefonici. Ma c'è un altro aspetto inquietante della vicenda. All'epoca del primo sequestro la trasmissione di Rete4 Fuori dal Coro fece analizzare presso lo stesso laboratorio di Torino alcune delle mascherine e fece esplodere il caso.

«Di solito il 50% di quelle che testiamo, provenienti da tutta Italia, non sono a norma -dice il titolare del laboratorio, Marco Zangirolami- dopo la denuncia in tv le mascherine balorde sono praticamente sparite. Viene il dubbio che qualcuno sapesse bene con che tipo di materiale aveva a che fare».

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