L'alluvione che ha colpito l'Emilia Romagna è una catastrofe che impatterà negativamente l'economia del Paese e non solo quella della Regione. La stima dei danni, ancora provvisoria, si attesta già sui 5-6 miliardi di euro, la metà esatta dei 12 miliardi di extracosti determinati dal terremoto del 2012.
Le ricadute nazionali sono quasi interamente legate alla profonda crisi nella quale versa la frutticoltura romagnola a causa delle inondazioni. Colpiti i prodotti di stagione, a partire da pesche, kiwi, albicocche e susine. Le radici imbevute d'acqua rischiano di essere già marcite e le organizzazioni di settore calcolano una strage tra i 10 e i 15 milioni di alberi da estirpare e irrimediabilmente danneggiati. Secondo Confagricoltura Emilia Romagna, il bilancio potrebbe ulteriormente aggravarsi, perché nella stima non sono incluse le colture arboree distrutte dalle frane o trascinate a valle dalla furia del fango nelle aree collinari e pedemontane. Nelle prossime settimane rischiano l'espianto oltre 40 milioni di alberi come meli, peri, ciliegi, ulivi e vitigni. La penuria di frutta comporterà necessariamente un aumento dei prezzi, già saliti del 7,6% prima dell'alluvione secondo le stime di Coldiretti.
Le preoccupazioni maggiori riguardano la Romagna. La Confagricoltura di Forlì-Cesena e di Rimini prevede che i danni supereranno quota 1,5 miliardi solamente in questa zona. Solo per reimpiantare un frutteto i costi sono elevatissimi, dai 40 ai 50 mila euro a ettaro e serviranno dai 4 ai 5 anni per tornare alla piena produzione. Più contenuti i costi di reimpianto delle colture cerealicole (6mila euro a ettaro), ma il 2023 si può considerare irrimediabilmente perso. La drammatica situazione lascia in sospeso il destino dei 50mila lavoratori del settore.
L'agricoltura è un settore fondamentale per l'intera filiera agroalimentare. Nello stabilimento di Barbiano, in provincia di Ravenna, di Conserve Italia l'acqua ha sommerso succhi di frutta, macchinari e imballaggi. «Gli impianti potrebbero essere compromessi. E i 7mila soci agricoltori che ci forniscono la frutta hanno i campi allagati», ha detto Maurizio Gardini, che è presidente di Conserve Italia e di Confcooperative e che ha chiesto al governo di «nominare un commissario con pieni poteri che possa affrontare il drammatico quadro di urgenze». Le filiere produttive sono interrotte a causa dei vigneti franati in collina e degli allevamenti avicoli e suinicoli sommersi. Questa situazione spiega le difficoltà delle principali aziende della regione: Caviro (vino), Orogel (surgelati) e Amadori (pollame).
Non meno problematica è la situazione delle strade: i tecnici del ministero delle Infrastrutture hanno quantificato i primi danni in 620 milioni di euro solo per statali e provinciali. Confindustria Emilia Romagna ancora non ha effettuato stime delle ricadute sulla produzione delle aziende locali. Sono stati colpiti tutti i comparti manifatturieri: in primis la ceramica, ma anche la meccanica e il legno arredo. Non sarà un conto leggero perché l'Emilia Romagna produce il 9% del Pil italiano e dopo un 2022 positivo (+3,8% un po' più del 3,7% della media nazionale) ci si attende un 2023 di rallentamento con una crescita inferiore al punto percentuale, incremento che l'alluvione potrebbe trasformare in una recessione.
Molto dipenderà dal turismo. La riviera romagnola non è stata toccata dalle alluvioni, ma i corsi d'acqua hanno depositato i detriti sulle spiagge che, per effetto della mareggiate, si sono ritirate di una ventina di metri.
Secondo i balneari, sarebbero stati persi 10 milioni di euro di sabbia in termini di minore spazio per gli ombrelloni. Le prime disdette sono già arrivate ma si spera di salvare una stagione che l'anno scorso è stata caratterizzata da 38,7 milioni di presenze, un dato superiore ai livelli pre-Covid.
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