A una settimana dal voto che ha affossato il ddl Zan, passa in Aula al Senato una norma che contiene l'espressione «identità di genere». Viene inserita nel decreto Infrastrutture che vieta «sulle strade e sui veicoli qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere o alle abilità fisiche e psichiche».
Un passaggio che ha sollevato la reazione dei movimenti pro life, tanto da far pensare che fosse una norma ad hoc inserita in risposta proprio alla vicenda del ddl Zan.
«La discriminazione voluta dal ddl Zan alla fine è diventata realtà, semplicemente sotto falso nome», commenta Antonio Brandi, presidente di Pro vita&Famiglia. «Da oggi associazioni pro vita e pro famiglia come la nostra avranno sulla loro testa la scure della censura e del bavaglio sui temi quali il gender, l'ideologia Lgbt e l'identità di genere», prosegue. «Noi - chiosano dal movimento - non potremo dire che l'utero in affitto è un abominio e che due papà non possono adottare un bambino, ma ci sono aziende che in Rete, su siti italiani o social come YouTube, pubblicizzano proprio il reato dell'utero in affitto».
«Quanto accaduto con il dl Infrastrutture - afferma al Giornale Jacopo Coghe, vicepresidente di Pro vita&Famiglia - dimostra però che questo, da solo, non può bastare. I politici di centrodestra e quanti, in generale, hanno a cuore valori come la vita, la famiglia e la libertà educativa, non possono cioè sperare che ci si sia sempre qualcuno che spieghi loro cosa fare. Devono combattere anch'essi, prepararsi, rimboccarsi le maniche, studiare; e, soprattutto, prestare attenzione a ciò che accade attorno a loro».
«Dall'eutanasia all'utero in affitto, dalla cannabis legale alle adozioni omogenitoriali, dal cambio di sesso per i minori alla minaccia alla libertà educativa, sono infatti molteplici le sfide che ci attendono», prosegue Coghe.
«È un ddl Zan mascherano o meglio alla rovescia - spiega al Giornale monsignor Antonio Suetta, vescovo di Sanremo -. Il ddl aveva come obiettivo, almeno quello dichiarato, di garantire a tutti la libertà di esprimersi secondo la propria sensibilità e le proprie decisioni, in realtà gli stessi paladini di questa forma di libertà sono coloro che vogliono impedire agli altri di discutere di alcuni aspetti. Inserire una norma che mira a impedire solo un ambito di propaganda lo trovo pericoloso e non trovo giusto imbavagliare chi ha un'opinione contraria, anzi lo trovo pericoloso».
Proteste anche dall'associazione Non si tocca la famiglia.
«È davvero incredibile - dichiara la presidente Giusy D'Amico - come agiscono nel buio coloro che con l'inganno hanno predisposto che nel dl Infrastrutture entrasse qualcosa che con il tema non avesse alcun legame, se non una vera e propria forzatura ideologica».
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