Disegni, storie e diari: le altre armi di Kiev

L'uso della comunicazione emozionale per conquistare i cuori

Disegni, storie e diari: le altre armi di Kiev

I tasti dell'anima. Eccola la nuova - altra - «arma» di difesa di Kiev. Se l'esercito ucraino resiste come può agli assalti russi, le alte sfere del governo, politiche e militari, ricorrono sempre più spesso a una comunicazione anche emozionale, per sollecitare l'Occidente a non indietreggiare nel sostegno finora mostrato: quello fattuale dei governi, ma pure delle opinioni pubbliche.

Volodymyr Zelensky, sul campo, ha già ottenuto armi, aiuti finanziari e umanitari, oltre all'appoggio degli 007 Usa, Ue e Nato per localizzare i nemici, come ha svelato il Nyt. Ma sul piano mediatico qualche corto circuito comincia a registrarsi, tanto che il presidente ucraino ha insistito per un vertice in video-conferenza con i leader dei Paesi alleati il 9 maggio: per lanciare un altro Sos amplificato, dopo i suoi discorsi ai Parlamenti d'Occidente.

Si tenta ogni strada per fermare Mosca. «Kiev non si arrenderà», ripete il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Ma l'eco delle stragi compiute dai russi a Bucha (su cui la Reuters ha condotto un'indagine approfondita svelando nomi e dinamiche dei massacri), a Mariupol e in altre città comincia a esaurirsi. Ecco allora che il capo della diplomazia gialloblù mette in circolo storie sempre più personali, come quella di un bambino di 8 anni che sul diario ha appuntato la sua straziante visione di cosa sia questa guerra, dei suoi effetti quotidiani, sganciati dalla retorica in doppiopetto dell'Ue e più prossima alla popolazione.

Sottile è il confine tra propaganda e fact checking: «Dal 24 febbraio sono morti i miei due cani, mia nonna Halya, la mia amata Mariupol, scrive Yehor mentre si nasconde dalle bombe russe», racconta su Twitter il ministro, pubblicando la foto del diario del bimbo. «Anche suo nonno è morto. Lui, sua sorella e la madre sono rimasti feriti». Su un foglio a quadretti scorrono le parole di Yehor con una penna blu e un disegno-testimonianza in cui il piccolo ha rappresentato ciò che resta delle case, alcune rovesciate, i corpi a terra. Il timing della devastazione. «L'Ucraina non si arrenderà mai», insiste Kuleba.

Si attinge agli «altri» protagonisti di questa guerra: fatta di trincee e divise ma soprattutto di vite civili spezzate (che però resistono). E offrono forse uno spaccato più comprensibile a chi dal divano di casa segue ormai le cronache dell'avanzata russa. «Dobbiamo vincere», scrive Kuleba. Il governo di Kiev aggiunge pennellate di persone comuni, nel descrivere l'intelaiatura di un dramma che è anche (e sempre più) psicologico per migliaia di ucraini sopravvissuti alle bombe, alle torture o agli abusi. «Stiamo scrivendo la nostra storia con il sangue, combattiamo per ogni insediamento, ogni centimetro di terra, il nostro principale punto di forza sono le persone, in questa lotta è il popolo la forza primaria», dice all'unisono il comandante in capo delle forze ucraine Valery Zaluzhny, su Facebook. È l'artiglieria emozionale. Un cambio di registro che rimette al centro i civili. Esempio di carattere. C'è la storia del 15enne eroe che ha ricevuto l'allarme sul suo cellulare per un bombardamento in arrivo, e invece di correre nel rifugio si precipita in strada per avvisare i suoi anziani vicini che non avevano un telefono. Il gesto gli è costato la vita a Odessa, ha riferito il portavoce dell'amministrazione militare regionale Sergey Bratchuk. Un altro figlio senza colpa che non si è piegato all'arrendevolezza; e che Kiev, senza conoscerne neppure il nome, «usa» per spronare l'Occidente a prendere atto della risposta ucraina.

Se a Mosca l'opinione pubblica viene subissata di messaggi rassicuranti sull'andamento dell'operazione speciale e sulla tenuta della Federazione sottoposta a sanzioni, l'Occidente guarda con occhio più incerto. Le immagini di distruzione cominciano a diventare un'abitudine.

Il rischio è che l'empatia iniziale con Kiev venga meno ora che la guerra di Putin rischia di diventare più sanguinosa e più longitudinale. «Oggi è estremamente importante registrare quel che accade e informare il mondo sulla verità», spiega Zaluzhny. E annuncia la controffensiva nelle zone di Kharkiv e Izyum.

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