L'Italia era il paese dove ci si sposava di più al mondo, anche 500mila matrimoni all'anno. Ora è fanalino di coda nella Unione Europea. E l'anno scorso, dopo due anni di lockdown, si sono decisi a dire il fatidico sì solo 100mila coppie. Il trend che non scende invece è quello delle rotture coniugali. Ogni anno circa 50mila coppie divorziano, 75mila si separano. Ma se consensualmente in tre mesi i coniugi possono dirsi addio, quando la separazione è giudiziale, cioè litigiosa e molto spesso drammatica, i tempi si dilatano. Per arrivare a sentenza servono dai 24 mesi di Milano ai 36 mesi di tanti tribunali italiani. Tempi biblici che la riforma Cartabia in vigore dal primo marzo, intende dimezzare. A Gian Ettore Gassani, presidente nazionale avvocati matrimonialisti italiani, abbiamo chiesto quali sono i punti salienti e le criticità della riforma.
SEPARAZIONE CONSENSUALE
Non cambia nulla per circa il 60% circa delle cause. «Ormai spiega Gassani non si passa neppure dal tribunale perché funziona molto bene la negoziazione assistita davanti agli avvocati con cui si prendono accordi anche sui figli».
CAUSE PENDENTI
Seguiranno il vecchio rito. E c'è la corsa degli avvocati a depositare i ricorsi entro martedì per avvalersi delle attuali regole. Le nuove norme sono state anticipate di 4 mesi, non si conoscono abbastanza e si teme il caos nei tribunali.
DIRE TUTTO E SUBITO
Nel ricorso introduttivo bisogna descrivere tutto: elementi della crisi coniugale, testimoni, relazioni investigative, consulenze psicologiche o contabili, situazione patrimoniale. «Prima spiega il legale c'era un ricorso generico. Si parlava a rate».
PIANO GENITORIALE
Nel ricorso bisogna presentare anche il piano genitoriale e fare uno schema delle possibili frequentazioni con i figli. Si devono descrivere in modo dettagliato gli orari di lavoro, chi vuole accompagnare in palestra o a scuola i bambini. «Fino ad ora le sentenze venivano emesse molto spesso senza tenere conto delle esigenze personali dei genitori».
UN SOLO GIUDICE
L'analisi del ricorso viene fatta non più da un collegio di tre giudici ma dal giudice monocratico che entro 90 giorni dal deposito del ricorso deve fissare l'udienza per ascoltare le parti. Nel frattempo il giudice può emettere provvedimenti interlocutori nei casi di urgenza o di disagio familiare come l'allontanamento del coniuge in caso di violenze o a tutela dei figli hanno subito o assistito a violenze. «Con l'attuale rito spiega Gassani - solo dopo 9 mesi o anche un anno, durante l'udienza presidenziale, si emettono provvedimenti anche in situazioni difficili o di gravi tensioni familiari in cui la vita è invivibile».
LA PAROLA AI MINORI
La riforma Cartabia mette al centro il minore come soggetto dei diritti. Diventa obbligatorio l'ascolto dei bambini anche di età inferiore ai 12 anni affinché possa esprimere il suo punto di vista. Quando i figli sono contesi può intervenire un pedagogista o uno psicologo per favorire un canale di comunicazione tra due genitori.
POCHI GIUDICI
«Come categoria siamo molto preoccupati commenta Gassani - Sulla carta abbiamo delle bellissime norme, ma è come avere una Ferrari
senza benzina. Mancano all'appello 3mila magistrati e c'è carenza di personale nelle cancellerie, persino di aule nei palazzi di giustizia. In Olanda ci sono 19 giudici per 100mila abitanti, in Germania 24, in Italia 11».
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