La frangia pentastellata più movimentista insiste da giorni. Pressa. "Dobbiamo rompere, presidente". Ora o mai più. Ma Giuseppe Conte non ha le stesse convinzioni, non è altrettanto sicuro che quella possa essere la mossa giusta. Dopo il primo incontro chiarificatore con Mario Draghi e la tarantella delle nove richieste grilline a palazzo Chigi, l'ex premier è diviso tra due fuochi: lo strappo con il governo (chiesto da alcuni parlamentari 5s) e la via della mediazione. In gioco ci sono la reputazione dello stesso avvocato foggiano ma anche il futuro del Movimento, mai incerto come in questa fase.
Così, a dispetto delle dichiarazioni pubbliche ("Vogliamo risposte entro luglio, non siamo disposti a reggere il moccolo"), Giuseppi starebbe cercando di prendere tempo per valutare come si mettono le cose. La tentazione di lasciare la maggioranza c'è, ma molto dipenderà anche dai riscontri dello stesso Draghi. Il premier, come vi avevamo raccontato su queste pagine, dovrà assecondare qualche richiesta pentastellata per tenere unito l'esecutivo; ma fino a che punto sarà disposto a cedere? Tra rinvii e rimpalli, probabilmente la crisi si protrarrà fino settembre e la cosa - sotto sotto - non dispiacerebbe affatto al presidente dei Cinque Stelle. Passata l'estate, infatti, si allontanerebbe anche l'ipotesi di convocare elezioni anticipate in autunno, scenario rischiosissimo per un partito con i consensi in caduta libera.
A quel punto, Conte potrebbe decidere di rompere con Draghi appigliandosi a qualche pretesto: magari, una richiesta non esudita dal premier o un tema specifico come quello dell'invio di armi all'Ucraina (punto sul quale SuperMario non accetta compromessi). In tal caso bisognerebbe però prevedere le conseguenze tutt'altro che scontate dell'effetto domino. Innanzitutto, in un momento di crisi come quello attuale, lo strappo con il governo potrebbe essere rinfacciato all'ex avvocato del popolo come un atto di irresponsabilità. E quale sarebbe, in quel caso, la reazione del presidente del consiglio? "Questo è l'ultimo governo della legislatura del quale sono premier", aveva affermato nei giorni scorsi l'ex banchiere, lasciando intendere di non volersi prestare alla composizione di maggioranze alternative. Tantomeno senza i Cinque Stelle.
"Il governo è nato con loro e non si accontenta di un loro appoggio esterno", aveva anche aggiunto Draghi in riferimento a un altro possibile scenario emerso nelle ultime settimane. Ma con il passare dei giorni, come riporta anche Repubblica, nei palazzi della politica in molti stanno iniziado a convincersi che un nuovo esecutivo guidato sempre dall'ex banchiere possa alla fine essere il "piano b" più facilmente percorribile. Forse quello che lo stesso Mattarella auspicherebbe nel caso di accelerazione degli sconvolgimenti parlamentari. Lo stesso Enrico Letta, ieri, era stato per la prima volta aperturista sull'argomento. "Se i cinque stelle dovessero uscire dal governo ci porremo il problema se fare un Draghi bis", aveva detto. Certo, bisognerebbe innanzitutto convincere il diretto interessato ad accettare, magari facendo appello al suo senso delle istituzioni.
Non troppo comoda, insomma, la posizione di Giuseppe Conte, con i pentastellati che in questo momento destinati a doverci smenare comunque.
Sia nel caso di un'uscita dal governo (con il rischio politico di ritrovarsi all'angolo), sia nel caso di una permanenza (con l'accettazione di un inevitabile compromesso). I grillini navigano a vista, magari con rischio di finire, dopo un'enorme e arruffata piroetta su se stessi, con un pugno di mosche in mano.
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