Quel dolore "pulito" che ci dà speranza

Sapere che qualcuno può uccidere per niente è assolutamente inquietante, ci lascia senza la minima difesa, leva significato e valore alla vita e alla morte. Ma, grazie a Sergio, non spegniamo del tutto la speranza. Non siamo gli omini bidimensionali di un videogame

Quel dolore "pulito" che ci dà speranza
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Quando la morte arriva senza senso, il dolore è talmente scriteriato che diventa impossibile da elaborare. Quando la follia (o solo la violenza?) è tanto lucida e chiede perfino scusa prima di accoltellare, si materializza l'incubo degli incubi: quello dell'uomo nero che spunta all'improvviso, uccide e sparisce nel nulla. Il terrore per eccellenza, fin da quando siamo piccoli. Ma, scavando sotto il dolore sociale (non ci permetteremmo mai di farlo in quello intimo della famiglia di Sharon), intravediamo una magra consolazione. Che un po' di speranza forse la riaccende: a uccidere non è stato Sergio. Dio grazie. Per una volta non è stato il fidanzato con l'aspetto del bravo ragazzo. Niente patriarcato, niente doppie vite bugiarde, niente rancori camuffati o vendette.

Perché sapere che il colpevole non è il compagno ci «salva» e lascia intatta una parte del cuore? Sarebbe stato troppo veder fingere così bene un uomo, saperlo a casa di quei due poveri genitori accolto come un altro figlio. La cronaca ci ha abituati al femminicidio, il compagno è il primo sospettato per eccellenza, dando per scontato che la morte risieda nelle stesse mani che hanno amato. Ma se troppo spesso è così, grazie al cielo stavolta lo schema cambia. Va oltre il cliché. E smonta quel meccanismo da bar, socialmente diabolico, del «è stato lui di sicuro, hai visto che faccia, si capisce subito». Quella faccia potenzialmente l'abbiamo tutti. Sergio è realmente un bravo ragazzo. Non ha finto. Ha solo sofferto. E inconsapevolmente ha lasciato intatta la nostra sanità mentale (e morale). Possiamo ancora credere nella coppia, nella famiglia, nella sincerità. Nel dolore pulito. In quella manciata di valori che ci rendono ancora uomini. Nell'epilogo di questo atroce delitto dobbiamo fare i conti con aspetti assurdi, con vite trattate alla stregua di un videogioco dove il game over scatta così-tanto-per. «Lei erà lì, con le cuffiette, guardava le stelle». Nulla ha senso, nulla.

Sapere che qualcuno può uccidere per niente è

assolutamente inquietante, ci lascia senza la minima difesa, leva significato e valore alla vita e alla morte. Ma, grazie a Sergio, non spegniamo del tutto la speranza. Non siamo gli omini bidimensionali di un videogame.

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