Il titolo di New Republic ieri recitava: «La Guerra per il diritto ad abortire dovrà violare la legge», è una scelta pesante, dopo gli scontri di massa con Black Lives Matter nel 2020, ma si può capire. La rabbia è tanta, e così la voglia di farne un'arma e un bacino di consenso. Chi scrive, in gioventù ha marciato, parlato, scritto molto per il diritto all'aborto: è sbagliato anche oggi semplificare con una proibizione un diritto delicato e triste. Era inevitabile allora e lo resta oggi, che quando una ragazza arriva a quella drammatica conclusione, la sua volontà non possa essere coercita con una proibizione, ovvero che il diritto a controllare il suo corpo e l'intero suo futuro non possa esserle alienato. Certo, ci sono molte cose che potrebbero essere dette ragionevolmente, come per esempio che sentenze come la Parenthood v. Casey del 1992 sembra avventurarsi nel regno della crudeltà quando suggerisce che l'aborto è praticabile fino al settimo mese. I limiti di quella scelta non sono scritti nella roccia, ma è evidente che siano molto delicati, a volte anche tragici, e che il buon senso e la forza morale oltre all'aiuto della società dovrebbero giocare un ruolo preponderante. Ma la Costituzione, non lo sa. E inoltre, è fastidioso che la lectio corrente sui giornali indignati dalla risoluzione della Corte suprema a maggioranza repubblicana, sia criminalizzante, ancora una volta, verso i conservatori: la scelta è legata a un'aria, un clima, una tempesta cognitiva dovuta a una guerra in corso di cui le donne sono cadute vittime. È la punta infuocata di una guerra culturale davvero estrema, che investe gli Stati Uniti e che rischia di diventare mondiale perché è stata ignorata troppo a lungo, mentre era facile odiare Trump. Chi ha amici americani lo sa bene, la criminalizzazione ha esasperato anche conservatori moderati e quieti, laici repubblicani e anche democratici ormai perplessi che non attribuiscono significati trascendentali alla famiglia e al ruolo materno, e che certo non vogliono ripristinare la schiavitù della maternità non desiderata.
La vendetta anticonservatori dopo Trump, specie quella seguita all'orribile morte di George Flooyd, è stata devastante e accompagnata da una rivoluzione culturale che ha, nella marea ideologica senza argini di Black Lives Matter, distrutto strade, negozi, uffici, buttato a terra i monumenti ai grandi personaggi americani, riformato i curriculum di lavoro, i musei, e persino le orchestre in cui la presenza bianca è stata decimata, ha terrorizzato i genitori non disponibili ad abbracciare le nuove teorie di genere che hanno in primis deciso che l'America è una società irrimediabilmente razzista. I «libretti rossi» di rieducazione sono usciti a decine, e seguitano a invadere tutto, dalle università a Netflix. Scrive nel suo libro The war on the West Douglas Murray: «Nelle città Black lives matter era diventata la religione di stato. Le librerie erano sovraccariche di libri che insegnavano ai bianchi come dovevano riprogrammarsi la mente. In città una volta grandi e fiere come Seattle, piccoli e grandi business erano stati quasi completamente distrutti da mesi di scontro. Gli uffici del governo e di affari di Portland erano chiusi o barricati, tutti i giornalisti che vi andavano a coprire le proteste erano assaliti con l'accusa di essere di estrema destra». L'accusa di essere un suprematista bianco inconscio, schiavista nell'anima, è diventata un incubo nelle scuole, elaborarla è un dovere didattico punito se non espletato, i genitori(scrive Bari Weiss sul City Journal) si incontrano segretamente su web a Los Angeles, e anche alla prestigiosa Harvard Westlake, vedono i loro figli svergognati e fatti oggetto di cambiamenti radicali. I programmi scolastici suggeriscono che la storia americana è un'epitome di discriminazione razzista. La fissazione sul gender fa sì che i figli devi chiamarli they, essi, e non usare maschile o femminile; le leggi cancellano le caratteristiche genitoriali. Scrive Heather Mc Donald su City Journal che le istituzioni musicali immettono nei loro ranghi un numero sproporzionato di musicisti neri, e discriminano la «musica occidentale». Così avviene in tutte le istituzioni culturale, nei giornali, nel business. L'arte e la memoria indigena sono preferite allo studio della storia e dell'arte. Nel 2021 lo State Board della California ha approvato la ripetizione collettiva di canti aztechi, inclusa una preghiera a Tezkaltlipoka e molti altri dei, che invoca forza e che comprendeva nel passato sacrifici umani.
Le donne che si vedono oggi private del loro del diritto all'aborto sono vittime di una guerra che devasta gli Usa e che diventerà sempre più aspra. Criminalizzare i conservatori è un vizio inutile, come rifiutare di vedere gli errori fatali dei progressisti. La guerra continuerà, e ora la pagano le donne.
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