
Se io in quanto maschio bianco occidentale e cristiano sono responsabile culturalmente di ogni femminicidio, a maggior ragione anche tutti gli islamici devono esserlo per i loro.
Chi uccide una donna, pure un uomo ma vabbè, è un criminale assassino responsabile penalmente. Ma culturalmente sono responsabili tutti i maschi e tanti addirittura si scusano in quanto portatori di una cultura patriarcale che farebbe da humus sociale a quelle degenerazioni. Proprio tutti? No, solo noi occidentali e cristiani, che da queste parti siamo maggioranza e pertanto non accediamo ad alcuno dei benefici previsti per le minoranze, che sia il colore della pelle, la religione o l'orientamento sessuale.
Non voglio elaborare e scrollarmi di dosso questa irricevibile fesseria, infondata anche in base al «paradosso nordico» evidenziato dal sociologo Luca Ricolfi, per cui in Germania, Francia, Regno Unito e nei Paesi scandinavi il tasso di uccisione delle donne è maggiore che in Italia, e nel centro-nord più che nel Mezzogiorno. No, anzi voglio cavalcarla. Se mettiamo sul banco degli imputati la nostra morale quale fonte ultima dei crimini contro le donne, anche l'islam dev'essere additato come il male da estirpare dalla società. Invece gli pseudo-intellettuali si sforzano di svincolare le violenze e gli omicidi di donne musulmane dal Corano, affermando che non contempli l'omicidio e ci mancherebbe pure! La stessa Corte d'Assise per Saman scrisse che «bisogna tenere conto anche della cultura del reo e del suo contesto sociale di riferimento». In pratica, la cultura per loro è un'attenuante e per noi diventa responsabilità collettiva.
Una lettura più laica, mo ci vuole, suggerisce invece che sia proprio la nostra morale non-più-patriarcale a rendere per qualcuno, pochi per fortuna, insostenibile il confronto con una donna ormai pienamente emancipata e indipendente. Le stesse musulmane vengono uccise in Italia perché le famiglie non sopportano che abbiano abbracciato la nostra cultura in contrasto col Corano, secondo cui: «Esse hanno diritti equivalenti ai loro doveri, ma gli uomini sono superiori» (Sura 2, verso 228). «Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele. Se poi vi obbediscono, non fate più nulla contro di esse. Allah è altissimo, grande» (Sura 4, verso 34).
In Occidente, dopo secoli di supremazia maschile, la rivoluzione industriale avviò una graduale equiparazione dei due generi poi compiutasi verso la fine del 900 e che nessuna Bibbia o Vangelo ha impedito. Ostacolato forse, ma non impedito.
La grandezza del cristianesimo, nato dalla filosofia greca di esaltazione dell'essere umano, sta nel riservare a Dio le coscienze e il Regno dei Cieli lasciando la società a Cesare, che ha portato all'Umanesimo prima e all'Illuminismo poi. La debolezza dell'Islam sta invece nell'ostinarsi a governare in Terra col Corano, precludendo ai fedeli il corso evolutivo della storia. Quando la morale non nasce dalla società non è cultura, è la sua negazione.
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