All'ora di pranzo, Palazzo Madama sembra la nave fantasma dell'Olandese volante. Deserti i corridoi, vuota la Sala Garibaldi, desolata persino la buvette.
L'epidemia è arrivata in Senato, e con essa il fuggi fuggi. In mattinata esplode la notizia che due senatori del gruppo Cinque Stelle (Francesco Mollame, siciliano e Marco Croatti, romagnolo) sono risultati positivi al virus. Il guaio è che mentre Mollame (che via social confida «Mai stato così male») non mette piede in Senato dal 10 settembre, ben prima della diagnosi; Croatti però era giovedì scorso alla mega-assemblea dei parlamentari grillini che si è tenuta nell'Auletta dei gruppi di Montecitorio. Tutti insieme appassionatamente, ammucchiati gli uni sugli altri, a litigare e lanciarsi accuse reciproche dopo la batosta elettorale delle regionali. E, si sospetta, a scambiarsi potenzialmente il virus. Il panico si sparge quando la riunione della Commissione Bilancio, che deve esaminare il Decreto Agosto viene prima rinviata di un'ora e poi improvvisamente sconvocata. Il presidente, il grillino Daniele Pesco, deve infatti sottoporsi urgentemente al tampone Covid, dopo la diagnosi per i due compagni di partito. Di lì a poco si apprende che l'intero gruppo M5s deve seguire la stessa procedura. E gli sfortunati senatori di altri partiti cui sia per disgrazia capitato di incontrare un grillino in ascensore o alla toilette corrono anch'essi a verificare di non essere stati contagiati. Il Senato si svuota in un battibaleno, e tutti i lavori di commissione vengono sospesi e rinviati.
Il povero Croatti cerca di rassicurare: certo, il suo tampone è risultato positivo e lui ha partecipato al summit dell'Auletta. Ma, scrive su Facebook dalla quarantena domestica, lo ha fatto «munito di mascherina e nel rispetto del distanziamento sociale nei confronti dei presenti» (in effetti, quello nei confronti degli assenti è più complicato). Le voci però si rincorrono: ci sarebbe un altro contagiato in un gruppo diverso da quello dei pazienti zero. No, due. Anzi, tre. Nessuno conferma, ma il tam tam continua e alimenta l'allarme. Il Palazzo si svuota, i locali vengono «sanificati», l'ambulatorio interno organizza i controlli del contagio: prima i grillini, poi i senatori di maggioranza (che, volenti o nolenti, devono frequentare i Cinque stelle per ragion di governo), poi gli altri. Si scopre che in pochi, tra i nostri legislatori, hanno scaricato la App Immuni: Mollame, ad esempio, non lo aveva fatto: «Problemi col telefono», si giustifica. Ma c'è anche la questione politica e istituzionale: entro oggi, la Commissione bilancio doveva licenziare il Dl Agosto, che scade il 13 ottobre, liquidando centinaia di emendamenti, e martedì era previsto il voto di fiducia. Il testo poi deve tornare alla Camera: ma ce la si farà? E come? Il rischio è assai alto per la maggioranza, che attende col fiato sospeso l'esito dei tamponi.
«Il Senato è aperto e non ho nessuna intenzione di chiudere. Non l'ho fatto neppure nel periodo più acuto della pandemia e sarebbe assurdo ora», proclama la presidente Elisabetta Casellati, che spiega: «Oggi ho sconvocato le Commissioni esclusivamente per effettuare gli accertamenti, ma domani tutto dovrebbe tornare alla normalità».
Il rischio, che sparge terrore tra Pd e M5s, è però un altro: «Metti che trovino una decina di positivi nel gruppo grillino: a quel punto la maggioranza salta», sospira un esponente dem.
E si riapre subito la discussione sul lavoro parlamentare a distanza. Il primo a porre insistentemente, e con preveggenza, il problema era stato il costituzionalista Stefano Ceccanti, deputato del Pd. «Spero che il blocco dei lavori del Senato sia momentaneo - spiega - ma va autorizzata la partecipazione a distanza dei parlamentari impediti.
Voto compreso Tutte le assemblee parlamentari dei principali altri paesi lo hanno fatto, tranne - per un conservatorismo inspiegabile, il nostro». Peraltro, assicura Ceccanti, «nessuna norma costituzionale o ordinaria lo impedisce».
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