Conte avverte Renzi: M5s voterà contro chi fugge dai processi

I grillini in Giunta si sono astenuti. Il leader Iv va in procura e attacca i pm: "Errori"

L'ex premier Giuseppe Conte
L'ex premier Giuseppe Conte

I grillini esplodono all'indomani dell'astensione in Giunta sul caso Open e Matteo Renzi. E il loro leader Giuseppe Conte prima annuncia il suo voto contrario poi ieri, su Facebook, tira fuori lascia di guerra contro il leader Iv: «Voglio essere chiaro - dice -, il M5s in Aula voterà contro chi vuole mettere i bastoni tra le ruote all'operato della magistratura sui casi Renzi e Cesaro. Sulla questione morale - aggiunge - non esistono astensioni: per noi l'etica pubblica non è negoziabile. I politici devono difendersi nei processi non contro i processi».

Ma per Renzi il «successo» nella giunta al Senato due giorni fa c'è stato. E ieri il leader Iv è passato alla seconda mossa, presentandosi ai pm fiorentini. Renzi con un post su Facebook e una memoria depositata in procura nel capoluogo toscano rilancia le accuse contro le toghe che indagano su di lui e ribadisce la propria innocenza. «Credo nella giustizia, quindi chiedo giustizia», spiega il leader di Iv su Facebook, raccontando di aver fatto visita ai pm Luca Turco e Antonino Nastasi, titolari del fascicolo d'inchiesta sulla fondazione Open, che vede il senatore ed ex premier indagato per finanziamento illecito ai partiti. Renzi chiarisce di non voler «scappare dalla giustizia», ma attacca un processo «politico alla politica» che, spiega, «resterà negli annali della cronaca giudiziaria come uno scandalo nel quale gli indagati non hanno violato la legge mentre i pm hanno violato la Costituzione». Insomma, l'aver evocato le proprie prerogative non serve per fuggire dal processo, ma «al contrario» per chiedere «che si faccia giustizia davvero, sul serio, verificando se le plurime violazioni costituzionali dei pm, che ho pubblicamente segnalato, meritino una sanzione». Poi, l'attacco nel merito, spiegando di aver depositato «cinque pagine» per replicare «alle 94mila pagine dell'accusa, ridondanti e piene di errori». Una memoria presentata nel corso della sua visita in procura con i suoi legali Gian Domenico Caiazza e Federico Bagattini, nella quale si chiede di archiviare il procedimento «preso atto dei gravi errori in fatto», e si punta a dimostrare come l'accusa della procura fiorentina contro Renzi sia «fondata su premesse di fatto grossolanamente erronee e arbitrarie, e su manifeste violazioni delle guarentigie costituzionali poste a tutela della funzione parlamentare». Si va dall'inesistenza della qualifica di «direttore di fatto» della fondazione Open a lui contestata, per mancanza di poteri gestori o amministrativi in capo a Renzi nell'organismo, alla confutazione della stessa esistenza di una «corrente renziana», una affermazione dei pm che viene definita come «autentico sproposito». Si rimarca come tra febbraio e maggio 2017 Renzi non fosse più segretario del Pd, «diversamente da quanto affermato nel capo di incolpazione»; si insiste - quanto al finanziamento illecito - sul mancato collegamento tra le attività della Leopolda e del Pd, certificato anche da una sentenza della Cassazione, e si contesta come «radicalmente erroneo» l'aver considerato finanziamento illecito i contributi destinati al referendum del 2016.

E ancora si sottolineano i «plurimi e gravi errori» commessi dagli inquirenti nell'individuare e indicare i ruoli ricoperti nel Pd dallo stesso Renzi e dagli indagati Luca Lotti e Maria Elena Boschi (ruoli mai ricoperti, o ricoperti per un periodo diverso da quello indicato negli atti della procura), «tutti rilevanti ai fini della plausibile formulazione della incolpazione provvisoria», chiedendo poi, in via subordinata, di cassare dal fascicolo «ogni e qualsiasi corrispondenza indebitamente acquisita senza il rispetto dell'articolo 68 della Costituzione».

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