No al radicalismo ambientale. Bisogna puntare a «una transazione ecologica e non ideologica». A Dubai, alla plenaria della Cop 28, la premier Giorgia Meloni traccia la linea del governo sulle politiche ambientali, senza nascondere un certo imbarazzo per la scelta di svolgere la conferenza in una «nazione che produce fossili, perché se non si coinvolgono anche queste nazioni, visto che gli obiettivi sono globali, alla fine non ci arriverai mai». Però per l'uscita dai combustibili fossili ci vuole il tempo necessario, «lo dobbiamo fare mentre produciamo altre fonti energetiche, quindi il tema è sempre lo stesso: gli obiettivi sono chiari e mi paiono condivisi». Ma l'Italia si è incamminata: «Stiamo gradualmente rimpiazzando i combustibili fossili con le rinnovabili, abbiamo adottato un nuovo piano per l'energia e il clima e stiamo investendo risorse nei biocarburanti, siamo tra i fondatori dell'alleanza globale per i biocarburanti. Nel contesto europeo, siamo parte della carbon neutrality entro il 2050 per ridurre le emissioni almeno del 55% entro il 2030. Ma siamo anche impegnati per il programma «Fit for 55», con un approccio multi-strutturale». Per la premier Meloni è «un momento chiave del nostro sforzo per contenere le temperature mondiali entro 1,5 gradi, anche se ci sono motivi per essere ottimisti l'obiettivo appare lontano. Questa Cop28 deve essere una svolta. Ci viene chiesto di imprimere una chiara direzione e ad agire in modo ragionevole ma concreto». Ma la presidente punta il dito contro i radicalismi, contro cui combatte a Bruxelles la delegazione di Fdi nel gruppo Ecr al Parlamento Ue: «L'Italia sta facendo la sua parte nel processo di decarbonizzazione in modo pragmatico, con un approccio che per noi deve essere neutrale alla tecnologia ma libero da radicalismo, se vogliamo una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale».
Le sfide ambientali si incrociano anche con quelle sull'immigrazione, la premier che ribadisce l'impegno italiano per l'Africa cui sarà destinata «una quota significativa» del fondo italiano per il clima (circa 4 miliardi) e che l'energia è «uno dei pilastri del Piano Mattei». Mitigare l'impatto delle misure della transizione verde sui cittadini, è il mantra di Meloni. E questo è un punto essenziale, perché se pensiamo che la transizione verde possa comportare costi insostenibili, soprattutto per i più vulnerabili, la condanniamo al fallimento». A margine della Cop 28 dedica anche un passaggio al nucleare: «Non ho preclusioni su nessuna tecnologia che possa essere sicura e che possa aiutarci a diversificare la nostra produzione energetica. Non sono certa che oggi, ricominciando da capo sul tema del nucleare, l'Italia non si troverebbe indietro, ma se ci sono evidenze del fatto che noi si possa invece avere un risultato positivo sono sempre disposta a parlarne».
Ma sull'ambiente arriva anche il duro monito del Papa, che alla crisi ecologica ha dedicato l'enciclica Laudato sì e l'esortazione Laudate Deum. «Ora come mai, il futuro di tutti dipende dal presente che scegliamo», dice «la devastazione del creato è un'offesa a Dio, un peccato non solo personale ma strutturale che si riversa sull'essere umano, soprattutto sui più deboli, un grave pericolo che incombe su ciascuno e che rischia di scatenare un conflitto tra le generazioni». Con la domanda: «lavoriamo per una cultura della vita o della morte?».
Francesco ricorda che «Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo, più indigente, è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti, mentre il divario tra i pochi agiati e i molti disagiati non è mai stato così abissale. Questi sono in realtà le vittime di quanto accade».
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