Tra le conseguenze più imprevedibili dei quasi quattro anni di papa Francesco c'è la trasformazione di una figura che appare sempre meno paludata, riservata, felpata come è stata a lungo. È la metamorfosi dei giornalisti che scrivono di Chiesa. C'era una volta il Vaticano raccontato dai vaticanisti, frequentatori discreti delle sacre stanze, pochi, fidati, silenziosi, conosciuti per la firma e non per la faccia. Ora è l'opposto: libri, inchieste, dibattiti. Ma quello che più impressiona è il cambio di passo: meno cronaca e più battaglia, con toni sferzanti e a volte offensivi. Un paradosso sorprendente al tempo del «Papa della misericordia».
Altro che misericordia. Nei giorni scorsi il direttore del giornale online La nuova Bussola quotidiana, Riccardo Cascioli, ha sferrato un pesante attacco ad Andrea Tornielli, responsabile dell'informazione vaticana del quotidiano La Stampa molto vicino a papa Bergoglio che per questo viene definito (assieme ad altri) un «guardiano della rivoluzione», come i gorilla dell'ayatollah Khomeini. Cascioli ha accusato Tornielli, a lungo vaticanista del Giornale, di aver tentato di estorcere frasi a uno dei cardinali più critici con il Pontefice, Walter Brandmüller, per metterlo in contrapposizione con un altro porporato conservatore, Raymond Burke, colui che vorrebbe correggere il Papa sulla comunione ai divorziati.
Tornielli ha reagito sul suo blog personale, Cascioli ha ribattuto e altri gli sono venuti dietro. «Estorsore» e «cecchino»: parole dure, che minano più a screditare un collega che a raccontare fatti. E la sorpresa è ancora maggiore se si considera che Cascioli (ex giornalista di Avvenire) e Tornielli non sono due mangiapreti ma cattolici osservanti, che hanno lavorato assieme quando la Bussola fu fondata proprio da Tornielli il quale ne fu il primo direttore. Se Francesco è un ayatollah o un rivoluzionario alla Che Guevara (non si sa quale dei due sia peggio), la controriforma ha il volto pubblico di un manipolo di cronisti che infiammano i toni del dibattito interno alla Chiesa.
Il fenomeno del «giornalista teologo» non ha precedenti. I vecchi vaticanisti sintetizzavano le encicliche ed erano maestri di cerimonie che conoscevano ogni angolo dei palazzi apostolici. Poi il Vaticano si è aperto, Giovanni Paolo II ha girato il mondo, ha voluto una tv, ha incoraggiato l'apertura ai media; le voci critiche erano spesso legate a pregiudizi ideologici. Ora invece i giornalisti duellano su questioni di dottrina e spiegano il mestiere al Papa. È un mutamento inedito: l'arrivo di Bergoglio «quasi dalla fine del mondo», che si fa intervistare tanto da Avvenire e Tv2000 quanto da Eugenio Scalfari, ha rivoluzionato anche il modo di raccontare le cose vaticane.
Aldo Maria Valli, rigoroso vaticanista del Tg1, elenca tutte le perplessità per le svolte del Papa in un libro appena pubblicato, e lo fa in modo sofferto. Luigi Accattoli, vaticanista in pensione del Corriere della Sera, organizza dibattiti in tandem con un collega ticinese, Giuseppe Rusconi, tra i più critici con Francesco. Cascioli fa rivivere i talebani.
Il Foglio rimpiange Benedetto XVI e pubblica lunghe interviste su impegnativi temi teologici e dottrinari. E intanto si moltiplicano i libri-inchiesta che scavano nelle finanze vaticane e riaprono la stagione degli scandali sessuali nella Chiesa.
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