E in Veneto la Regione deve risarcire le associazioni pro migranti

I giudici accolgono il ricorso contro il bando sulle case popolari. E gli enti ora devono anche pagare

Immagine di repertorio
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Case popolari: stralciate le liste di attesa di chi da decenni aspetta un alloggio. Succede in Veneto e nel Comune di Venezia, condannati per «discriminazione» nei confronti dei cittadini stranieri. A dirlo è la sentenza dello scorso 2 gennaio, a firma del giudice Alberto Stracco, e che riguarda il requisito dei 5 anni di residenza nella regione Veneto per fare domanda. «Una decisione incostituzionale e discriminatoria»: così viene definita la scelta del governatore Zaia che è stato portato in Tribunale dalle associazioni pro migranti. Asgi, Razzismo Stop e Sunia da mesi infatti combattono per agevolare i migranti nell'accesso alle case popolari e, ad oggi, sembrerebbero averla spuntata.

Ma andiamo con ordine: al centro della polemica c'è appunto il requisito, istituito dalla Regione, della residenza quinquennale per l'accesso ai servizi di edilizia residenziale pubblica. Un requisito che le associazioni sostengono abbia «illegittimamente prodotto una discriminazione In ragione della nazionalità dei richiedenti» e che «tale discriminazione incide maggiormente sui richiedenti stranieri».

A dare ragione è la solita magistratura che, nella sentenza in possesso de Il Giornale, «accerta il carattere discriminatorio della condotta tenuta dalla Regione Veneto», così come quella tenuta da Comune di Venezia. Ma non solo: «ordina al comune di Venezia di astenersi dall'inserire nei futuri bandi per l'assegnazione di alloggi residenziale pubblica e da quelli eventualmente già emessi ma non ancora definiti con l'assegnazione degli alloggi la clausola che prevede punteggi aggiuntivi». Cosa significa? Che il bando in essere non ha più ragione di esistere, che migliaia di italiani in lista d'attesa per un alloggio si vedranno la loro posizione stravolta e saranno costretti, quindi, ad attendere ancora anni e anni in favore di stranieri e migranti che potranno, come deciso dal giudice, prendere il posto scavalcando eventualmente l'attuale lista.

Ad applaudire l'ennesima sentenza anti-italiana è il Pd, con l'ex candidato alle regionali del Veneto, il dem Arturo Lorenzoni. In risposta il governatore Zaia annuncia che farà ricorso.

Ma, in tutto ciò, chi ci guadagna? Forse è questo il punto più «pericoloso» di una delle tante vicende che mettono ormai all'ultimo posto gli italiani. Nella sentenza, infatti, si parla di un risarcimento. Il risarcimento andrà direttamente nelle tasche di Asgi, Razzismo stop e Suna. Parlando dei tre stranieri le associazioni dichiarano che «hanno rinunciato alle relative domande risarcitorie».

Cosa che non vale per i fan dei migranti che, come si legge, «si ritiene equo condannare i resistenti - regione Veneto e comune di Venezia - al pagamento di 5mila euro in favore di ciascuna associazione ricorrente».

Insomma: ci sono quelle famiglie italiane che, ad un passo dall'ottenere un tetto sopra la testa, si ritrovano nuovamente «in mezzo a una strada». Verrebbe da chiedersi: chi utilizza i migranti per fare business?

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