«Un sigaro e una croce da cavaliere non si negano a nessuno», diceva Vittorio Emanuele II. Più complicato, come sanno i parlamentari di maggioranza, aggiudicarsi l'ambito posto di presidente di Commissione.
Il grande risiko di inizio legislatura, che funge anche da camera di compensazione per i delusi che sono rimasti tagliati fuori dalla composizione del governo, è cominciato ieri a Montecitorio e si concluderà oggi in Senato. La prima anomalia che salta agli occhi sta nei numeri: alla Camera (che in una intera legislatura non è riuscita ad adeguare il proprio regolamento alla «riforma» che ha tagliato di un terzo i deputati) le commissioni permanenti sono rimaste 14, mentre a Palazzo Madama, che ha fatto per tempo il suo dovere, sono state ridotte e accorpate, e oggi sono dieci. In tutto, dunque, 24 posti in palio per il centrodestra, suddivisi in quote per partito. Con quello di Giorgia Meloni a fare la parte del leone: la premier, che sa quanto le commissioni siano uno snodo fondamentale per dettare l'agenda e tenere in carreggiata l'esecutivo, ha imposto i suoi fedelissimi in metà delle postazioni disponibili a Montecitorio, mentre quattro sono andati alla Lega e tre a Forza Italia. Neppure una donna tra gli eletti, mentre al Senato le uniche eccezione alla regola maschile - che forse serve a compensare la destabilizzante novità di una presidente del Consiglio al femminile - dovrebbero essere Stefania Craxi alla Esteri e Giulia Bongiorno alla Giustizia. Anche i capigruppo eletti ieri per acclamazione da Fdi sono uomini: Lucio Malan al Senato e Tommaso Foti alla Camera, che sostituiscono rispettivamente i neo-ministri Luca Ciriani e Francesco Lollobrigida.
Qualche curiosità sui (pochi) nomi noti: Giulio Tremonti, ex ministro dell'Economia di Forza Italia, oggi approdato a Fratelli d'Italia dopo un'esperienza nella Lega, sognava un gran ritorno a via XX Settembre col nuovo governo ma è stato escluso dall'esecutivo. Ora diventa presidente. Sì, ma della Commissione Esteri, che sulla legge di Bilancio non tocca palla. A capo della commissione Bilancio è stato eletto il deputato di FI, Giuseppe Mangialavori, alla presidenza della commissione Finanze il meloniano Marco Osnato. Ancora in quota Fratelli d'Italia ci sono Ciro Maschio alla Giustizia; Federico Mollicone (noto al grande pubblico per la battaglia contro Peppa Pig) alla Cultura; Mauro Rotelli alla Ambiente; Salvatore Deidda alla Trasporti. Walter Rizzetto, entrato in Parlamento nell'ormai lontano 2013 con il Movimento Cinque Stelle, oggi fedelissimo meloniano, si aggiudica la Commissione Lavoro. Per gli azzurri Nazario Pagano va alla Affari Costituzionali e Ugo Cappellacci alla Affari Sociali. In quota Lega: Antonino Minardo alla Difesa, Alberto Gusmeroli alla Attività Produttive, Mirco Carloni all'Agricoltura e Alessandro Vigna alle Politiche europee.
Tra i nomi celebri, Giulio Terzi di Santagata, candidato con FdI e in predicato per la Farnesina (che aveva gestito col governo Monti) dovrebbe essere eletto capo della Commissione per le Politiche europee del Senato.
Per l'ex presidente del Senato Marcello Pera si parla della guida di una futura Commissione per le Riforme, una sorta di nuova Bicamerale che dovrebbe maneggiare il dossier «presidenzialismo». La Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama andrà invece a Alberto Balboni, Fdi. Alla Sanità Francesco Zaffini, uomo chiave di Fdi sulla questione Covid; alla Finanze Nicola Calandrini.
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