Molto, molto di sinistra. Ma «clever, molto clever», lo fotografa chi, nel Pd, ci ha parlato spesso in questi anni di persecuzioni da parte del regime egiziano. Di sinistra sì, ma ciò nonostante politicamente sveglio. E a leggere la prima intervistona ufficiale post-liberazione di Patrick Zaki, sul Corriere della Sera di ieri, si trova la conferma: il giovane egiziano sa di essere molto corteggiato e ricercato dalla politica, Pd e Rosso-verdi in testa. Con il Movimento 5 Stelle che si tiene defilato perchè l'arresto è arrivato proprio con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e i tentativi di risolvere il caso si sono subito arenati e difficilmente Zaki, se è «clever» come si racconta, si butterà in quella compagnia. Però sta ben attento a mettere i suoi paletti: quando gli viene chiesto se sia stato sollecitato un suo impegno nella politica italiana lui nega, fa professione di modestia («Ho ancora molto da imparare e fare») poi precisa: «E se anche arrivasse una richiesta per un ruolo politico, la utilizzerei sempre per la causa dei diritti umani», perchè quella «è la mia strada e il mio futuro». Poi sottolinea con garbo la propria «visibilità» («Mi salutano tutti, mi fermano, un'accoglienza fantastica») e assicura di volerla usare «per difendere chi non ha voce».
Anche la sua spiegazione sul rifiuto del volo di Stato è tutta politica: «Ho ringraziato più volte il governo italiano, come era giusto. Ho apprezzato molto gli sforzi fatti». Ma «non voglio che qualcuno un giorno possa dirmi: tu sei stato da questa o quell'altra parte. Sono e voglio essere indipendente». La passerella con Giorgia Meloni non la voleva in curriculum. Dal canto suo la premier ha evitato ogni polemica e si limita a rivendicare un successo che altri, sottolinea, non hanno avuto: «La strategia cara alla sinistra - attacca - suonava più o meno così: l'Italia pretende che l'Egitto liberi subito un cittadino egiziano detenuto in Egitto, perchè fa l'università in Italia. Se ci si pone di fronte a una nazione sovrana con questo atteggiamento di superiorità è difficile ottenere dei risultati». La differenza, quindi, «è stato l'approccio del mio governo».
Ma anche la sinistra stia cauta: a farsi usare come bandierina, Zaki non ci sta. Sa bene che le chiacchiere su una sua candidatura alle elezioni Europee, tra un anno, sono fuffa: non è cittadino di un paese europeo, e difficilmente otterrà una cittadinanza in pochi mesi. Anche perchè il regime del Cairo, che gli ha concesso la grazia dopo un processo-farsa, non manderebbe giù che un suo ex prigioniero politico sia promosso parlamentare a Bruxelles, con tanto di immunità e di megafono continentale contro al Sisi.
Ma il corteggiamento intenso del Pd, con tanto di Elly Schlein che si precipita in prima fila a battergli le mani, non gli dispiace. I rapporti sono ottimi nella rossa Bologna dove il giovanotto studia, e dove la sua prof Rita Monticelli, la docente che segue il master di Patrick Zaki in Gender Studies, è stata - grazie al suo caso - candidata capolista del Pd al Consiglio comunale di Bologna.
Il sindaco Matteo Lepore gli ha organizzato il party di accoglienza, le Feste dell'Unità se lo contendono come ospite, a Roma non si esclude di poterlo coinvolgere «più direttamente» nel «nuovo Pd» schleiniano. «Del resto meglio lui che Ruotolo, vuoi mettere?», ironizza un dirigente. Bisogna vedere se Zaki ci starà a fare la mascotte di Elly.
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