Ecco il Mario segreto. Tra l'eredità di Caffè e le chiavi dei ministeri

Allievo dell'economista keynesiano, Draghi conosce alla perfezione il Tesoro

Ecco il Mario segreto. Tra l'eredità di Caffè e le chiavi dei ministeri

Stimo e ammiro Mario Draghi, come persona, come studioso, come banchiere centrale, come manager del Ministero del Tesoro. Negli anni '80 ci incrociavamo, nei ministeri e nel Parlamento, ove spesso ero relatore delle leggi finanziarie. Ho però cominciato a conoscerlo, come studioso, nel 1986, quando - mentre ero ministro delle Politiche comunitarie - venni chiamato alla cattedra di politica economica all'Università di Roma, La Sapienza, come successore di Federico Caffè, misteriosamente scomparso nel 1987, su sua designazione. Mario Draghi, che aveva già avuto l'insegnamento di economia e politica monetaria all'Università di Firenze, era uno degli allievi più brillanti e prediletti di Caffè. Allora, Draghi era anche diventato collaboratore di Giovanni Goria, ministro del Tesoro del primo governo Craxi. Io ero a stretto contatto con Goria, in quanto ero l'esperto finanziario di Craxi, del cui governo avevo redatto il programma economico. Poi Draghi, nel 1991 è stato nominato direttore generale del ministero del Tesoro, dal ministro Guido Carli, mentre io ero nella Commissione bilancio del Senato o presidente della commissione Finanze e Tesoro. Nel 2005 il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nominò Mario Draghi, quale Governatore della Banca di Italia, con un lungo mandato. Ma per me Mario Draghi è l'allievo devoto di Federico Caffè.

Ho impresso nella memoria un ricordo che mi riporta a una sera del 2011, prima della nomina di Draghi a governatore della Bce, la Banca Centrale Europea, su designazione del premier Berlusconi. Erano le 9, ed ero da poco entrato nel ristorante La Campana, in cui andavo spesso, in particolare con la mia principale allieva, la professoressa Silvia Fedeli, attuale capo del Dipartimento di economia e diritto della Sapienza. Mentre stavamo per sederci tavola, nella sala centrale, scorgemmo, in un angolo, Mario Draghi. Eravamo un po' sorpresi. Ci avvicinammo e gli chiesi «che ci fai qui tutto solo?». Poi per giustificare l'inframmettenza gli dissi «Ti vorrei presentare una professoressa del nostro Dipartimento di economia». Dopo la presentazione e una stretta di mano, Draghi con un sorriso quasi timido spiegò «Sono qui per riflettere e aver sicurezza, perché ci veniva Federico Caffè. Sono stato nominato governatore della Banca centrale, con l'appoggio di Angela Merkel, domani la devo incontrare È un giorno speciale».

Draghi, come allievo di Caffè, studioso con un pensiero sociale profondo, pone le fondamenta del suo ragionamento macro e micro economico nel capitale umano e su questa base coniuga, come pochi altri, la politica monetaria con la politica economica e fiscale. Draghi non è solo un tecnico è anche un manager, che si è fatto le ossa nel ramo più delicato della pubblica amministrazione, la direzione generale del Tesoro, essendo stato prima aiutante del ministro Goria nel governo Craxi poi per dieci anni, dal 1991 direttore generale del ministero del Tesoro, su nomina del ministro del Tesoro Guido Carli, nel governo di Giuliano Amato, poi ripetutamente confermato dai successori di Carli. La sua competenza di banchiere centrale è duplice, perché è stato prima governatore della Banca di Italia, poi di quella europea, in entrambi i casi su designazione del premier Silvio Berlusconi che, a livello europeo, appartiene al partito popolare che ha la leadership in Europa. Quale figura migliore per preparare un credibile programma per l'accesso ai fondi europei e gestire il rilancio economico italiano, con conti pubblici sostenibili e un fisco pro crescita, avvalendosi dell'esperienza al Tesoro, ove si maneggiano i minuziosi dati della contabilità del pubblico bilancio e al governo di Banche Centrali?

Sa pazientare e decidere con fermezza.

È la figura giusta per governare la sanità e l'economia, con efficienza e con sensibilità umana. Per la comunità internazionale è «super Mario»; ma per me è la persona col sorriso appena pronunciato che cena in un angolo de «La Campana», per ritrovare il suo maestro Federico Caffè.

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