Ecco la strategia del centrodestra "Dopo il voto piano comune"

Ecco la strategia del centrodestra "Dopo il voto piano comune"

Roma Il referendum spacca il Pd ma unisce il centrodestra. La galassia di quello che era il Pdl con i suoi alleati storici si trova straordinariamente unita nel combattere il ddl Boschi e l'unità è ben visibile a Roma, all'Auditorium Seraphicum, dove va in scena la grande manifestazione «Noi No». Insieme simboli e rappresentanti di tanti partiti: Forza Italia, Fratelli d'Italia, Lega, Noi con Salvini, l'Udc, Idea di Quagliariello, Rivoluzione cristiana di Rotondi, Conservatori e riformisti di Fitto, i Popolari per l'Italia di Mauro. Sul palco si alternano tutti quelli che sbriciolano la riforma renziana. Per Fabio Rampelli (FdI) «Con questa riforma si creerebbe il più grande conflitto istituzionale della storia repubblicana»; per Schifani, che oggi sarà a Lecce per il suo tuor per il No, «è una riforma pessima che crea un buco per le Regioni a statuto speciale»; per Gasparri «spendiamo 4 miliardi per i clandestini mentre la riforma fa risparmiare solo 50 milioni. Pensiamo di più agli italiani». Il capogruppo al Senato del Carroccio, Centinaio, guarda all'alleanza: «Spero che si riparta da qui con il centrodestra, lo spero per i nostri elettori che negli ultimi mesi si sentivano un po' spersi. Oggi come oggi c'è un messaggio chiaro del centrodestra unito; e a me questo basta». Pure Brunetta gongola per la ritrovata unità e guarda oltre: «Dopo il referendum del 4 dicembre, dopo la vittoria del No, le sigle straordinarie che in tutta Italia sono dentro al Comitato del No lavorino per un progetto comune per il Paese e per un soggetto politico unico del centrodestra».

Sempre nella Capitale, al Church Village, anche Raffaele Fitto ha fatto sentire la sua voce: «Siamo qui come Conservatori e riformisti, insieme a tante altre realtà che condividono un percorso: basta giocare in uno stadio vuoto. Gli spettatori ci sono, quando vengono chiamati come in questo caso, ci travolgono con l'entusiasmo». La sua parola d'ordine è altolà agli inciuci: «Non è che dal 5 dicembre si ricomincia a cercare il dialogo con Renzi; non è che riaffiora il Nazareno carsico... Dobbiamo costruire un'alternativa a Renzi e metterci la faccia». E da Fitto sfila anche Giorgia Meloni che annuisce visibilmente.

E non è finita qui perché a Milano Mario Mauro raduna molti cattolici e centristi: «Renzi sta tentando di intimidire la pubblica opinione con scenari apocalittici. Ma è la vittoria del Sì che precipiterebbe il Paese in una stagione di conflitti».

La conferma arriva dal presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Raffaele Cattaneo che pure è di Ncd, partito schierato per il Sì: «Io voto No perché la riforma uccide le autonomie e scassa i rapporti tra Stato e Regioni, sottrae competenze legislative alle Regioni per riportarle al centro e rende impossibile la prosecuzione di modelli di efficienza e di qualità come quelli della Lombardia».

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