Qualcosa sembra si stia muovendo, ma ancora non c'è certezza del risultato, sicchè per l'editoria è ancora alto il rischio di restare esclusa dagli interventi in manovra. Siamo al paradosso: da un lato la politica fa a gara per rimarcare l'importanza di una stampa libera e plurale, dall'altra tratta le aziende editoriali come una attività di serie B, quando si tratta di stanziare sostegni indispensabili per far fronte alla congiuntura avversa. Ed è scandaloso che nella manovra proposta dal governo, a sostegno di cinema, spettacoli e circhi vengano stanziati ben 1 miliardo e 60 milioni di euro, mentre ai giornali è destinato nulla. Persino i generosi emendamenti di Pd e Forza Italia, che propongono rispettivamente 136 e 145 milioni, suonano come una miseria se confrontati con gli oltre 3,5 miliardi regalati al cinema tra il 2017 e il 2022 sotto forma di tax credit. Per la Federazione italiana editori, tanta differenza è inaccettabile, motivo per cui si sta muovendo a testa bassa contro il muro del governo ricordando che l'editoria giornalistica è «un sostegno insostituibile al pluralismo, valore fondante del funzionamento della democrazia», ovvero dell'intero sistema. Anche il più insensibile dei parlamentari è in grado di comprendere il senso e l'importanza di quell'affermazione. Per questo è necessario «garantire che le imprese che operano nell'informazione cartacea e nella Rete - aggiunge la Fieg - abbiano risorse adeguate». Del resto, seppure in crisi, tuttora l'informazione quotidiana su carta detta l'agenda delle notizie, non a caso quotidianamente rilanciate da tutti gli altri media, tv comprese; se venisse menomata drasticamente, il Paese calerebbe nel caos con conseguenze imprevedibili per la popolazione.
In un Paese dove si è fatto falò di 170 miliardi per sostenere un superbonus per la maggior parte destinato ad arricchire chi proprio non ne aveva bisogno, con esponenti politici che ancora oggi difendono spudoratamente quel colossale spreco (avendone avuto il loro bel tornaconto in termini di consensi), è incomprensibile che non si riesca a ragionare sulla necessità di un sostegno concreto all'editoria. Invece solo briciole, del tutto insufficienti ad accompagnare la riconversione del settore, che in questi anni sta affrontando la sfida cruciale della progressiva transizione al digitale. Quando si è trattato di sostenere il cinema, nel 2017, non si è esitato a varare lo speciale tax credit con il quale, udite udite, sono stati finanziati 459 film, dei quali ben 345 non sono mai usciti in sala.
Insomma, soldi a pioggia all'indirizzo di film che non ha mai visto nessuno, girati solo per soddisfare l'ego di pseudo-registi, spesso vicini al ministro della Cultura che l'aveva pretesa, il cui nome non vedremo mai esposti nei cartelloni. Di fronte alla leggerezza con cui si lasciano correre le cose in altri campi, si resta basiti di fronte a tanta insensibilità da parte della politica quando si tratta di riequilibrare le risorse disponibili e si resta doppiamente basiti che non vengano indirizzate a vantaggio di un settore, l'editoria, così cruciale per le vite di tutti. È lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che lo ricorda quando sottolinea che «la stampa con la sua informazione autorevole e verificata è un presidio alla libertà e pilastro della vita democratica». Possibile che affermazioni tanto chiare del Capo dello Stato non siano state prese in considerazione da nessuno al momento di scrivere la manovra di bilancio?
«Sostenere l'editoria è per Forza Italia una assoluta priorità», ha ribadito ieri il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri.
«Non si possono buttare soldi in mille pozzi senza fondo e abbandonare a sé stessi i portatori di pluralismo, di conoscenza e di cultura. Si buttano centinaia di milioni nello scandalo Open Fiber, una vicenda su cui dovrebbe agire la magistratura, non lo Stato con ulteriori soldi, e si negano i fondi all'editoria. Un errore che va corretto subito».
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