Effetto Montalbano: Zingaretti studia da capogruppo Pd in Ue

Schlein vuole indebolire Bonaccini spingendo l'ex governatore. E in piazza spunta il fratello Luca

Effetto Montalbano: Zingaretti studia da capogruppo Pd in Ue
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Quando il gioco si fa duro, scende in campo il Commissario Montalbano.

«Ho passato una vita a sentirmi chiedere di Luca, oggi ve lo ho portato direttamente», ha annunciato a sorpresa Nicola Zingaretti dal palco di piazza Re di Roma, per la chiusura della sua campagna elettorale mercoledì sera. E il fratello attore è salito sul podio, tra gli applausi, per leggere un brano di Calamandrei sulla Costituzione e poi perorare, a braccio, la causa del capolista Pd: «Non solo per affetto per Nicola, ovviamente, ma per quello che è in ballo in queste elezioni: i diritti sociali e civili, la difesa della Carta...». Zingaretti (Nicola) è candidato al Centro dietro alla leader Elly Schlein. Ma la partita, per l'ex segretario nonché ex governatore dem è più difficile del previsto: non perché sia in dubbio la sua elezione, ovviamente, ma perché la concorrenza interna, nella circoscrizione, è spietata. Le correnti si sono divise: l'ala Franceschini porta il sindaco di Firenze Nardella, quella che fa capo a Mancini e Gualtieri porta il sindaco di Pesaro Ricci, Bettini si divide tra Ricci e l'outsider «pacifista» anti-Ucraina Tarquinio («Sono stato accolto bene solo da pochi, nel Pd, tanti cattolici sono sdegnati dalla mia candidatura», si duole lui), sostenuto anche da un pezzo di vecchio Pci nostalgico dell'Urss. Il patrimonio elettorale del Lazio, insomma, rischia di dividersi in diversi rivoli. E Zingaretti, che punta al ruolo di capogruppo in Europa, deve riuscire a fare il pieno di preferenze (200mila, dicono i bookmaker interni) per essere in pole position e battere la concorrenza interna di Bonaccini. Schlein, che deve a sua volta ottenere un'affermazione personale a prova di bomba, ha deciso di giocare di sponda: il Pd di Roma ha dato per iscritto indicazione ai militanti di votare solo lei e Zingaretti. Secondo i maligni, alla segretaria non dispiacerebbe un capo-delegazione (che potrebbe addirittura concorrere al ruolo di capogruppo Pse, in caso di netta affermazione Pd) che possa controbilanciare il forte pacchetto di eletti di area riformista e filo-atlantica che si prefigura. E Zingaretti non ha perso tempo a posizionarsi in questo senso: quando Tarquinio (alla disperata ricerca di visibilità) ha sparato il suo surreale mortaretto anti-Nato, auspicandone lo scioglimento, l'ex segretario ha appoggiato l'idea di riposizionamento geopolitico dell'Italia: «É una denuncia forte del senso di impotenza che c'è, e una giusta richiesta di protagonismo di pace». Un'uscita che ha ovviamente l'obiettivo concreto di soffiare a Tarquinio (e al suo senso di «impotenza») un po' di voto «pacifista» e filo-russo, ma che ha fatto mettere le mani nei capelli a molti nelle file dem: «Ma vi pare che possa fare il capo-delegazione in Europa uno che discetta con tanta leggerezza delle 'giuste richieste' anti-Nato di un Tarquinio?», si chiede un dirigente riformista.

«Zingaretti no pasarà», giura un altro, assicurando che «Schlein non potrà dire di no al presidente del partito», ossia Bonaccini. Anche se la segretaria potrebbe decidere di sparigliare con la «donna», la schleiniana della prim'ora Camilla Laureti, candidata anche lei al Centro. Sempre però che venga eletta.

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