Elly parla di tutto ma non di guerra

L'imbarazzo della segretaria dem: non ha una posizione e sui social è muta da 4 giorni

Elly parla di tutto ma non di guerra
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Elly è paralizzata anche su questo. Da quattro giorni, sui social, la Schlein non dice niente su quanto sta accadendo in Israele.

Certo, quando sabato si è profilato il drammatico attacco di Hamas il Pd ha diffuso la sua bella nota, e il comunicato conteneva tutto ciò che a caldo doveva esserci. C'erano anche le sue parole, «a nome di tutto il partito». La segretaria, inoltre, compare in tv e risponde alle domande.

Chi passasse in rassegna i suoi social, troverebbe di tutto: negli ultimi tempi ha molto parlato di sanità, di salario minimo, il clima, di diritto allo studio. Eppure, salvo il video del suo intervento alla Camera, è taciturna sulla guerra scatenata dagli islamisti. Da quattro giorni il suo profilo twitter è muto. I suoi omologhi Matteo Renzi e Carlo Calenda, per dire, viaggiano fra i sei e i dieci tweet sull'argomento, hanno partecipato a iniziative e manifestazioni. Elly no, qualcuno ha cominciato a notarlo, e questo silenzio non è casuale, ed è indice di un grave imbarazzo.

Come su molte altre questioni, come sull'Ucraina, la segretaria del Pd è in difficoltà anche sugli eventi drammatici che cambieranno il volto del Medio Oriente. Ha una posizione che non è in linea con quella dei leader europei di centrosinistra, e lo sa. Tornano in mente le dichiarazioni al congresso di Articolo 1 sulla «asimmetria» dello scontro in atto (fra lo Stato ebraico e Hamas) o la sua annuciata partecipazione (nel 2018) alla Conferenza dei Palestinesi in Europa, insieme a sfegatati nemici di Israele come i Bds (fautori di boicottaggio). Si potrebbe aggiungere la nota «gaffe» sul suo naso, quando rispondendo a quelli che definiva «ignobili sentimenti antisemiti», nonostante si sia detta «orgogliosissima del lato ebraico della mia famiglia paterna, ha «confermato» - così ha rilevato la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello - uno stereotipo antisemita fra i più odiosi.

Politicamente Schlein ha un retroterra che non è filoisraeliano. Somiglia piuttosto alle frange estreme dei democratici americani. Questo suo imbarazzo si proietta sul Pd e corrisponde a quello dei suoi primi cittadini, i sindaci di Roma e Milano, Giuseppe Sala e Roberto Gualtieri. Non sa che pesci prendere l'intero principale partito della sinistra, perché diviso e timoroso di subire la concorrenza radicale dei rosso-verdi e dei 5 Stelle. I sindaci più importanti del Pd hanno esposto la bandiera di Israele accanto a quella pace, e sono stati criticati per questa soluzione che è parsa ambigua. Gualtieri ha subito le amichevoli critiche di Giuliano Ferrara al sit-in all'Arco di Tito a Roma, e Sala è stato contestato dal presidente del Memoriale della Shoah di Milano Roberto Jarach.

La squadra di Elly, poi, è molto diversa da quella di Enrico Letta. Si è fatto molto notare, per esempio, il caso di Mia Diop, 21 anni, livornese, componente della direzione nazionale del Pd e della segreteria livornese.

«Sempre dalla stessa parte» ha scritto in un post Instgram, e - come ha raccontato «Il Tirreno» - ha aggiunto l'equazione «Antifascismo-antisionismo», che in questi giorni suscita particolare impressione. E chissà se Mia lo sa, che per Martin Luther King antisionismo è «discriminazione nei confronti degli ebrei per il fatto che sono ebrei».

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