Emiliano e De Magistris, masanielli anti Matteo

Il governatore pugliese e il sindaco di Napoli provano a guidare la rivolta del Sud

Emiliano e De Magistris, masanielli anti Matteo

Roma Sarà perché in primavera si scatenano le allergie ai pollini, vedi quella del premier nei confronti dei magistrati. Sarà perché sono i primi tepori a sciogliere cuori, favorire amori (così che le corna vengan fuori, aggiungeva il saggio). Sarà per questo o per quello, ma questa storia di passioni indomite tra populisti all'incontrario - Matteo versus Emiliano, Renzi versus De Magistris - evoca odi e furori ben al di là dell'atavico conflitto d'interessi tra il centro del potere e i potenti di periferia, notoriamente dominati cacicchi.

Tanto da suggerire qualche passo carpiato all'indietro. Immaginate questa scena, ad esempio. Pomeriggio del 26 ottobre 2013, un omaccione dal peso abbondantemente sopra il quintale (fino a 135 kg, secondo le più recenti auto-rivelazioni) si scaglia dal palco contro il governo di uno smagrito giovanotto. «Mai più un governo che dice cose e poi non le fa. Mai più larghe intese! Rispetto! Rispetto verso i militanti, rispetto...». Rispetto all'uditorio, alle sue spalle, un altro giovanotto in camicia bianca assentiva vistosamente all'invettiva. Si era alla Leopolda di Firenze e, ci crediate o no, i due personaggi si chiamavano (ancora oggi) Michele Emiliano e Matteo Renzi. Ci si creda o no, sono gli stessi che, pochi giorni fa, alla Direzione pidina si scambiavano tali tenerezze: «Venditore di pentole, servo delle lobby!»; «Le tue parole sono volgari e fuori luogo. Non sono da te. Michele tu devi recuperare il senso di appartenenza a una comunità, noi ti vogliamo bene...». Lo stesso Michele, evidentemente non del tutto sicuro che si trattasse di un ramoscello d'ulivo, ieri così parlava del referendum: «La campagna per l'astensionismo mi provoca un grande dolore, nella base c'è un'immensa tristezza per aver sposato la parte peggiore del Paese contro la nostra storia, Renzi aveva giurato di rottamare le lobby, invece vive e lotta insieme a loro. Gravissimo: non siamo il partito dei petrolieri».

Sarebbe perciò Matteo ad aver bisogno di un piano di recupero per la comunità. Più o meno quel che pensa il sindaco di Napoli, ex collega di Matteo, al quale aveva dedicato pensieri degni di attenzione. «Alle primarie del Pd avrei votato Renzi, la sua elezione è una buona notizia per la sinistra, potrà ricucire le alleanze a sinistra...», ebbe a dichiarare nel dicembre 2013. Ma già prima, in primavera (maledetta primavera), c'era stata la folgorazione al primo incontro: «È un sindaco, una persona concreta. E poi dà speranza, lancia ponti verso il futuro: ha passione politica vivaddio! Io ho un gran rispetto verso il Pd...». Con lo stesso rispetto, aggiungeremmo però che a tali sviolinate non arrivarono mai risposte adeguate. Un crescendo di sgarbi, di appuntamenti mancati, di ferite. Sancito via via dai cinguettiii del pretendente respinto. «Con Renzi economia a picco, giustizia sociale in declino, corruzione aumenta, massacro ambientale»; «Governo Renzi matrice autoritaria, reazionaria, antidemocratica...»; «Con Renzi premier Expo, Mose, Mafiacapitale. Propaganda su corruzione e mafie»; «No a esproprio Bagnoli». Nel frattempo, infatti, alla lista degli sfregi era arrivato quello più grande: l'alleanza di sponda con il governatore De Luca per togliere dalle mani del sindaco qualsiasi autorità sul risanamento di Bagnoli, «bella quasi come Firenze», nelle parole del premier. Accolto la settimana scorsa a pietrate a Napoli e ritornato per sfida («I sassi non mi fermano»).

Trivella fatale per Emiliano come Bagnoli per De Magistris? Anche no, verrebbe da dire perché di sicuro «Renzi è allergico al dissenso», come dice De Magistris. Non solo: agli ex Pm, pure. E poi ai capipopolo, a chi sa vellicare la comunicazione ed esercitare il comando. Tranne che in un caso: davanti allo specchio.

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