"Le università pubbliche sono luoghi di conoscenza, dove la critica deve essere coltivata e nutrita non repressa". È la filastrocca degli studenti buoni e pacifici a cui lo Stato tiranno e liberticida nega con la forza il diritto di dissentire. Peccato che i trambusti dello scorso 25 ottobre alla Sapienza siano nati da aspirazioni tutt’altro che democratiche. Non è un segreto, i protagonisti di questa bruttissima pagina di cronaca lo hanno sostenuto con candore quasi sconcertante sin da subito: nessun diritto di parola e neppure d’accesso alla facoltà, in questo caso quella di Scienze politiche, ai (presunti) fascisti.
Concetto ribadito fino allo sfinimento ai microfoni delle tante trasmissioni che nel corso di questi giorni hanno intercettato questo o quel "capetto" universitario. Evidentemente però qualcuno non ha captato il messaggio. Non è solo il caso della neosenatrice di Sinistra italiana Ilaria Cucchi o del neodeputato leader dei Cinque stelle Giuseppe Conte che in aula hanno tuonato per primi contro le divise. L’udito fa difetto anche nelle seconde e terze linee delle sinistre. Torniamo quindi al virgolettato d’apertura, estrapolato da una mozione che è un vero e proprio atto d’accusa nei confronti delle forze dell’ordine.
Il documento arriva dal II Municipio di Roma, guidato dalla minisindaca del Pd Francesca Del Bello. Il titolo è eloquente: "Mozione codici identificativi". L’oggetto idem: "Solidarietà studenti La Sapienza e richiesta istituzione codici identificativi di agenti impegnati in attività di ordine pubblico". Scorrendo le righe impilate si legge ancora: "L’uso della violenza per reprimere le proteste è inaccettabile in uno Stato democratico, e lo è ancor di più se viene esercitato in luoghi di istruzione, studio e confronto".
Insomma il concetto è chiaro ed è a tutti gli effetti un processo alle divise intervenute per impedire che i collettivi universitari entrassero in collisione con i colleghi di segno opposto. La tesi è quella dell’uso sproporzionato della forza e l’epilogo è simile a quello a cui è arrivata la sopracitata senatrice Cucchi: "Codici alfanumerici identificativi ben visibili sulle uniformi degli agenti impegnati nelle attività di ordine pubblico". Stupirà forse che un ente territoriale investa il proprio tempo in questioni normative che esulano persino la competenza del Comune di Roma, ma tant’è.
Ci vuole una legge contro gli abusi di potere e così la presidente del Municipio si impegna "a farsi promotrice presso il sindaco di Roma e la giunta capitolina tutta, affinché a loro volta si facciano promotori nei confronti del parlamento, del governo e delle istituzioni nazionali" per l’adozione di una normativa ad hoc. Il documento è stato votato dalla maggioranza di centrosinistra con l’appoggio degli esponenti della lista Calenda, sebbene il loro leader abbia duramente criticato la condotta dei collettivi "rossi". Parlano invece di "pericoloso precedente per la libertà di pensiero e di parola" Holljwer Paolo e Sandra Bertucci, consiglieri municipali di Fdi, e a loro si aggiunge la voce del consigliere capitolino Stefano Erbaggi.
"Riteniamo che mostrare solidarietà a questi gravi episodi, piuttosto che farsi garanti del dialogo e dei principi di libertà costituzionali, fotografi in tutto e per tutto la faziosità ideologica del Pd e di tutta la sinistra",
attaccano. "Evidentemente – concludono – è più importante strizzare l’occhio ai movimenti antagonisti che occuparsi di garantire decoro e legalità all’interno del nostro territorio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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