Le entrate tributarie hanno già superato le stime del governo per l'intero 2024. Ieri il Dipartimento delle Finanze ha reso noti i dati dei primi sette mesi dell'anno e le imposte dirette e indirette si sono attestate a 328,3 miliardi di euro, in aumento del 6,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, ma soprattutto con un incremento in valore assoluto di 19,2 miliardi che sopravanza l'intera previsione di aumento del gettito su base tendenziale contenuta nel Def (16 miliardi di euro).
Prima di approfondire le conseguenze di questi dati sulla stesura del Piano strutturale di bilancio e della manovra 2025 del ministro Giorgetti, è opportuno evidenziare che l'Irpef è cresciuta del 6,9% annuo a 137,2 miliardi (+8,9 miliardi) per effetto dell'ottimo andamento delle ritenute su dipendenti pubblici e privati. Il trend positivo dell'occupazione e gli aumenti contrattuali stanno sortendo un effetto benefico sul gettito. In flessione di 1,2 miliardi le autoliquidazioni a 9,2 miliardi di euro. L'arrivo del concordato preventivo biennale - e soprattutto la scadenza del 31 ottobre per l'esercizio dell'opzione da parte di professionisti e partite Iva - ha frenato il gettito.
I 19 miliardi di maggiori entrate, unitamente ai 3,5 miliardi derivanti dall'abolizione dell'Ace (aiuto alla crescita economica), consentono di impostare la prossima legge di Bilancio in maniera più serena, visto l'obbligo di adeguarsi al nuovo Patto di Stabilità. Ovviamente, non tutti questi 22 miliardi potranno essere utilizzati per finanziare i provvedimenti o, come ha detto lo stesso Giorgetti, «quando avremo il quadro e le linee si delineeranno gli interventi». Tenuto presente che il maggior gettito concorre a diminuire il rapporto deficit/Pil per l'anno in corso (secondo indiscrezioni di Bloomberg l'obiettivo 2026 sarebbe il 2,9% come il tendenziale della Nadef 2023), solo dopo aver programmato tutte le politiche si potrà entrare nel dettaglio degli interventi. Tant'è vero che dal Mef hanno ribadito che non c'è «nessun tesoretto» perché le maggiori entrate sono «vicine alle previsioni; perciò siamo prudenti».
Insomma, prima della presentazione del Piano di bilancio (la deadline è il 20 settembre, ma è previsto un passaggio parlamentare prima dell'invio a Bruxelles) non si entrerà veramente nel merito delle questioni.
In ogni caso, la conferma del taglio del cuneo fiscale e dell'Irpef fino a 35mila euro di redditi (15 miliardi complessivamente) può considerarsi fuori discussione. Oltre alla riproposizione del bonus mamme, ieri il sottosegretario all'Economia, Federico Freni, ha fatto intendere che «se per ceto medio intendiamo la classe dei liberi professionisti abbiamo già detto che la flat tax sarà confermata e stiamo lavorando per alzarla». Restano aperti altri dossier sui quali sono necessarie, ora più che mai, le adeguate coperture. In particolare, l'estensione fino a 60mila euro lordi di reddito degli sgravi Irpef comporta sicuramente un esborso minimo di 2-3 miliardi. Sul capitolo pensioni, invece, si dovrebbe proseguire sulla falsariga delle prime due manovre del governo Meloni: qualsiasi norma che flessibilizzi le uscite prevedrà un ricalcolo contributivo dei trattamenti. Idem per il recupero dell'inflazione: non potrà essere pieno una volta superate le 4 volte l'assegno minimo.
Intanto, il ministero dell'Economia dovrebbe aver messo a punto il
decreto interministeriale per l'obbligo di sottoscrizione di polizze catastrofali (contro gli eventi meteo avversi) per i settori produttivi. I contratti potranno usufruire di una garanzia pubblica Sace da 5 miliardi di euro.
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