Erdogan si accaparra il petrolio della Libia e l'Italia rimane (ancora) a bocca asciutta

Annunciate trivellazioni petrolifere e accordi per la ricostruzione del Paese

Erdogan si accaparra il petrolio della Libia e l'Italia rimane (ancora) a bocca asciutta

I turchi passano all'incasso in Libia annunciando trivellazioni petrolifere e accordi per la ricostruzione del paese. E l'Italia rimane al palo. I giannizzeri siriani e l'intervento militare del «sultano» Erdogan hanno permesso al governo libico di Fayez el Serraj di vincere la battaglia di Tripoli costringendo le truppe del generale Khalifa Haftar a ritirarsi dopo oltre un anno di assedio. Il ministro delle risorse energetiche turco, Fatih Donmez, ha candidamente dichiarato ieri che «nell'ambito delle trattative effettuate con il governo libico abbiamo ottenuto licenze su 6 lotti per condurre trivellazioni per ricerca di petrolio».

Tutte aree off shore individuate nel Mediterraneo dalla compagnia statale Turkish Petroleum grazie al memorandum firmato fra Tripoli e Ankara lo scorso novembre. Da una parte la Turchia garantiva appoggio militare al governo libico assediato e dall'altra stabiliva una contestata «Zona di interesse economico esclusivo» con Tripoli in mezzo al Mediterraneo. La settima area di trivellazione è ad ovest di Cipro del tutto illegittima secondo l'Unione europea. «La procedura legale richiederà quasi tre mesi e se non ci saranno altre offerte Turkish Petroleum inizierà nuove attività di perforazione in queste aree» ha affermato il ministro Donmez riferendosi all'accordo con i libici. «Si tratta di attività che ledono le regole del mercato. Prima smettono e meglio è se non vogliamo che avvelenino i pozzi della cooperazione industriale nel Mediterraneo, unica speranza di sviluppo» stigmatizza con il Giornale un esperto italiano del settore energetico dell'area, che preferisce mantenere l'anonimato.

I turchi hanno anche annunciato una posizione dominante nella ricostruzione, che interessa pure gli imprenditori italiani. «Dalle strade ai ponti, passando a ospedali, hotel e abitazioni, noi abbiamo già una storia (di costruzioni in Libia) che si è interrotta a causa della guerra. Lo stesso discorso vale per il settore energetico» ha dichiarato al quotidiano «Milliyet» il portavoce della presidenza turca, Ibrahim Kalin.

Haftar ha perso una battaglia, ma non la guerra che continua sul fronte di Sirte attaccata dalle forze del governo libico che vogliono riprendersi la città e la vicina base aerea di Al Jufra. La conquista di Sirte aprirebbe la strada verso la mezzaluna petrolifera della Cirenaica ancora in mano al generale. Non a caso negli ultimi giorni il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi ha inviato ingenti rinforzi al confine con la Libia, ma offerto con lo steso Haftar un cessate il fuoco respinto da Tripoli. Al fianco di Al Sisi si è schierato il presidente russo Vladimir Putin.

Se le forze di Tripoli e

Misurata, appoggiate dai militari turchi, continueranno ad avanzare non è esclusa un'impennata internazionale del conflitto, proprio per il controllo del forziere petrolifero, con l'intervento degli egiziani e l'aiuto di Mosca.

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