Dalla caduta dell'Impero Romano al crollo della supremazia occidentale nel mondo. Dalla fine di un'epoca al sorgere di nuovi assetti. La storia non si ripete, eppure certe analogie sembrano scandire il trascorrere del tempo.
Al Festival dell'Economia di Trento, iniziato proprio ieri, Francesco Gaetano Caltagirone (foto) ha tracciato una linea che dalla Roma Antica è idealmente arrivata a oggi. Quella offerta dall'imprenditore è stata una sorta di lezione spalancata sul presente. «L'Impero Romano è cresciuto sui valori di libertà, equità, sacralità dello Stato, dignità e spirito di sacrificio per la collettività ed è caduto soprattutto per la deromanizzazione», ha spiegato l'ingegnere, individuando tre passaggi attraverso i quali l'antica superpotenza ha progressivamente perso l'egemonia. In primis, l'editto con cui Caracalla nel 212 estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell'impero. «Un fatto dirompente che aprì la strada a usurpazioni e tentativi di scissione». Poi, la decisione di Costantino di riconoscere i cristiani nel 313 e la fondazione di una seconda capitale, Costantinopoli. Infine, l'avvento di una figura che «ha accelerato la caduta»: quella del vescovo di Milano, Ambrogio, tutore del giovanissimo imperatore Graziano. «Inventò l'intolleranza che distrusse i pagani, la cui mentalità era però vincente. Roma rappresentava la ragione, il cristianesimo la fede: quando vinse quest'ultima, iniziò il Medioevo», ha argomentato Caltagirone.
Tra sfide geopolitiche, flussi migratori e guerre permanenti, gli antichi non erano poi così diversi da noi. Raccogliendo questo assist, nel suo intervento a Trento il presidente del gruppo Caltagirone ha quindi esteso la propria analisi all'attualità. «Oggi stiamo perdendo la supremazia economica e qualcun altro potrebbe subentrare. C'era un distacco enorme tra Europa e resto del mondo in fatto di sviluppo scientifico e tecnologico, ma quello che avevamo ottenuto in più generazioni altri lo hanno raggiunto in pochi decenni. Aver esportato il nostro modello si può rivelare un autogol», ha riflettuto l'imprenditore, seguito con attenzione da una platea silenziosa. Da qui la critica a un paradigma che, per inseguire le produzioni a basso costo, ha spostato altrove le attività. «Ma così si deindustrializza il Paese. Se non cominciamo a ragionare sul fatto che alcune produzioni si fanno per convenienza non solo economica ma strategica, quindi non per un utile immediato, rischiamo una forte decadenza», ha continuato Caltagirone.
L'Italia ha però delle speranze: «Abbiamo una cosa in più, la fantasia: la
moda, le nuove auto. Reggiamo per questo, perché il nostro prodotto non combatte con il prezzo». Poi, l'incoraggiamento: «Cosa consiglio a un giovane? Rimani qua e combatti. Ce la faremo, io ho sempre combattuto e ci credo».
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