Europa

Le eurosfide tra leader valgono come primarie

Meloni e Schlein, duello anche in tv. Ma sarà battaglia pure tra Giorgia e Salvini. Le mire di Tajani sui moderati

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C'è chi si è presentato per dovere di partito, chi per impegnarsi in Europa, addirittura chi, come dice il vicepresidente della Camera Rampelli sulla candidatura di Giorgia Meloni, «per spirito di servizio». Ma al di là dei fiumi di retorica la corsa dei numeri uno è innanzitutto la conseguenza di un'epoca caratterizzata dai partiti a forte impronta personale. Ragion per cui i leader che si sono candidati al Parlamento di Strasburgo sono stati spinti dalla convinzione che il loro nome avrebbe portato consensi; chi invece ha desistito è perché ha avuto la sensazione che candidandosi avrebbe conseguito il risultato opposto. Fatalmente, quindi, le prossime elezioni europee, complice anche il sistema adottato cioè il proporzionale, si trasformeranno in vere e proprie primarie, in scontri diretti o indiretti tra questo e quel leader, che ridisegneranno la geografia politica del paese e, soprattutto, determineranno l'esito di duelli tra personaggi che si contrappongono da diverso tempo. Insomma, all'interno della competizione generale ci saranno sfide che hanno un nome e un cognome e che determineranno nuove gerarchie.

Si comincia dalla tenzone tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein con tanto di scontro diretto in tv. Qui c'è in primo luogo un interesse comune: legittimarsi a vicenda come leader dei rispettivi schieramenti. In particolare la Schlein, per salvare la poltrona di segretario del Pd, deve dimostrare ai suoi di essere competitiva. E, infatti, il convitato di pietra di questo duello è Giuseppe Conte, che non si è candidato e gioca di rimessa: se la Schelin deluderà il peso del leader grillino nell'ipotetico campo largo, aumenterà.

Anche la Meloni è impegnata in una sfida nel suo campo: candidando il generale Vannacci il leader della Lega, Matteo Salvini, di fatto ha ingaggiato un duello per interposta persona per accaparrarsi l'elettorato della destra più radicale; di contro, quindi, la premier deve dimostrare che le responsabilità di governo non gli hanno fatto perdere il contatto con quest'area di consenso di forte impronta populista che fa parte del suo Dna.

Ma visto che tutto si tiene pure Salvini non è immune da rischi: chi gli ha gettato il guanto di sfida da diversi mesi è Antonio Tajani che punta a centrare l'obiettivo del sorpasso di Forza Italia sulla Lega. E non è un caso. In fondo la scienza più vicina alla politica è la fisica: se il Capitano si sposta più a destra c'è subito chi tenta di occupare lo spazio lasciato vuoto, cioè di insidiargli l'elettorato leghista più governativo, più pragmatico e in fondo più moderato. Il ministro degli Esteri, però, non si ferma qui, ha ingaggiato un duello anche sull'altro versante cioè con Carlo Calenda e Matteo Renzi. Vuole certificare che l'unico partito centrista di un certo peso è Forza Italia. In un momento in cui le forze moderate sono tornate ad esercitare un certo appeal Tajani vuole diventare il dominus di quest'area politica ancorandola al centro-destra.

È esattamente quello che non ha compreso Carlo Calenda che è arrivato alla candidatura quasi costretto. Il leader di Azione persevera nello sbaglio di dividere e non di unire e ha commesso un nuovo errore rispondendo picche all'alleanza con Matteo Renzi e Emma Bonino. Per cui alla fine ha dovuto fare i conti con la realtà: qualche mese fa in un incontro all'ambasciata americana di Roma scommise che avrebbe fatto il 7%, ora non è detto che raggiunga la soglia del 4%. Così volente o nolente non poteva non candidarsi quando il movimento che ha il suo nome nel simbolo, si gioca la partita della vita.

E ci risiamo, come nel film i duellanti di Ridley Scott in queste elezioni ci sarà l'ennesima sfida tra lui e Renzi: quest'ultimo non l'avrebbe voluta ma è stato obbligato dalla follia di Carletto. Almeno, però, si arriverà ad un punto a capo. Se non raggiungerà il 4% difficilmente Calenda potrà giocarsi un'altra partita visto che in quel caso è facile che esploda la diaspora tra i suoi e magari si porranno le basi di una ricomposizione tra i centristi che provengono dal centrosinistra.

Le elezioni europee possono servire anche a questo.

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